Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





sabato 22 gennaio 2011



A PROPOSITO DELL'UNITA' D'ITALIA

Ciro Menotti (Carpi, 22 gennaio 1798 – Modena, 26 maggio 1831) è stato un patriota italiano.

Affiliato alla Carboneria fin dal 1817, maturò fin da giovane un forte sentimento democratico e patriottico che lo portò a rifiutare la dominazione austriaca in Italia. Affascinato dal nuovo corso del re Luigi Filippo d'Orléans, dal 1820 tenne frequenti contatti con i circoli liberali francesi: l'obiettivo era quello di liberare il ducato di Modena dal giogo dell'Austria.

La Modena di Francesco IV

Modena era allora governata dal duca Francesco IV d'Asburgo-Este, arciduca d'Austria. Egli reputava il ducato di Modena troppo piccolo per le sue ambizioni: aveva continui rapporti diplomatici con i diversi stati europei e manteneva una corte sfarzosa come fosse un grande sovrano. Ciò spiega il suo interessamento per i movimenti rivoluzionari che agitavano l'Italia, da un lato temendoli e agendo duramente contro di loro, dall'altro lusingandoli nella speranza di potere sfruttare e volgere la loro azione a vantaggio dei propri interessi personali.
In quegli anni egli era particolarmente interessato alla questione della successione sabauda: era infatti marito di Maria Beatrice di Savoia, figlia primogenita di Vittorio Emanuele I Re di Sardegna. A Vittorio Emanuele I successe, tuttavia, il fratello Carlo Felice e venne nominato erede Carlo Alberto di Savoia del ramo cadetto dei Savoia-Carignano.

I contatti con Francesco IV

Avvicinato da Menotti, inizialmente Francesco IV non reagì al progetto rivoluzionario: forse c'erano accordi precisi fra i due tramite anche un altro liberale, l'avvocato Enrico Misley, frequentatore abituale della corte ducale.
Non si capisce altrimenti perché Francesco IV, che conosceva a fondo Menotti, non lo avesse fatto subito arrestare come aveva fatto nel 1820 con quarantasette carbonari, o presunti tali, processati e condannati, come il sacerdote Giuseppe Andreoli, condannato a morte.

La sollevazione del 1831

Per approfondire, vedi la voce moti del 1830-1831.

Nel gennaio del 1831 Menotti organizzò nei minimi dettagli la sollevazione, cercando il sostegno popolare e l'approvazione dei neonati circoli liberali che stavano proliferando in tutta la Penisola. Il 3 febbraio 1831, dopo aver raccolto le armi, Menotti radunò una quarantina di congiurati nella propria abitazione, poco distante dal Palazzo Ducale, per organizzare la rivolta.
Francesco IV, tuttavia, con un brusco voltafaccia certamente impostogli dal governo austriaco, decise di ritirare il suo appoggio alla causa menottiana ed anzi chiese l'intervento restauratore della Santa Alleanza. Gli storici si sono sempre chiesti il motivo di questo doppio gioco del duca: certi pensano che il rampollo della famiglia Asburgo-Este capì che il progetto di un Regno dell'Alta Italia fosse solo un'utopia; alcuni invece sostengono che Francesco era geloso del carisma di Menotti, altri ancora credono che il duca ebbe paura di perdere, dopo la rivoluzione, molti dei suoi privilegi. Il duca fece circondare dalle sue guardie la casa; seguirono alcuni spari e i congiurati cercarono di fuggire, alcuni ci riuscirono, altri no e fra questi Ciro Menotti, che, saltato da una finestra nel giardino retrostante la casa, rimase ferito e fu catturato e imprigionato. Intanto però i disordini erano cominciati soprattutto nella vicina Bologna. Il duca scrisse subito un ordine al Governatore di Reggio: «Questa notte è scoppiata contro di me una terribile congiura. Mandatemi il boia», poi pensò bene di riparare a Mantova, allora facente parte dei domini austriaci in Italia, portando però con sé Menotti. Alcuni dicono anche che Francesco IV abbia dato a Menotti più volte l'assicurazione che gli avrebbe salvata la vita, ma questo non è provato.[senza fonte] Fallita la rivolta, il duca, rassicurato, il 9 marzo rientrò a Modena, sempre portandosi dietro il Menotti prigioniero.
Due mesi dopo fece celebrare il processo che si concluse con la condanna a morte mediante impiccagione. Altri cospiratori (Luigi Adami, Giuseppe Brevini e Antonio Giacomozzi) furono dapprima condannati a morte, pena successivamente commutata in dodici anni di carcere da Francesco IV.
Il 28 febbraio 1831 un tentativo di far evadere Menotti fallì. Nonostante le numerose suppliche che gli pervennero da più parti perché concedesse una commutazione della pena, il duca fu irremovibile e la sentenza venne eseguita nella Cittadella, assieme a quella di Vincenzo Borelli anche lui facente parte del gruppo di arrestati la notte del 3 febbraio e condannato a morte. Menotti passò la notte prima dell'esecuzione con un sacerdote al quale consegnò una nobilissima lettera per la moglie, lettera che le guardie confiscarono e che fu consegnata alla vedova dai liberatori, solo nel 1848, due anni dopo la morte del Duca e alla cacciata degli Asburgo-Este.
La sentenza di morte venne pubblicata solo dopo l'esecuzione, allo scopo di evitare possibili disordini e rivolte.

Ciro Menotti, figura di rivoluzionario impavido e di eroe romantico, sarebbe diventato nella coscienza degli italiani dell'Ottocento un grande patriota: fu infatti considerato un precursore non solo dei moti del 1831 ma anche dell'intero Risorgimento. In questo senso fin dalle prime classi delle scuole si parlava del suo sacrificio e si leggeva la sua lettera alla moglie piena di buoni sentimenti e amor patrio. Il Risorgimento italiano continua ad essere insegnato nelle scuole della Repubblica ma certo quei valori di patriottismo e di sacrificio per un ideale non vengono più sentiti con la stessa intensità. Per anni il Comune di Modena non ha curato la buona conservazione del posto dove fu innalzata la forca a cui Menotti fu impiccato. Recintato da una semplice cancellata, il luogo è nella Cittadella,(oggi zona residenziale di Modena, al tempo fortezza militare all'interno delle mura della città) di cui rimangono soltanto alcuni resti a seguito del bombardamento dell'ultima guerra col quale la vecchia fortezza fu distrutta. La lapide posta sulla sua casa, oggi al N.civico 90 di Corso Canal Grande, in ricordo di lui e di tutti i Suoi compagni patrioti catturati,è stata restaurata di recente (2007) come anche il palazzo stesso. Recentemente il Comune di Modena ha ristrutturato anche il ceppo dove Menotti e Borelli vennero giustiziati tramite impiccagione. Infatti il 20 ottobre 2007, alla presenza del Sindaco di Modena e di due pronipoti di Ciro Menotti, si è inaugurato il nuovo monumento. L'opera, in pietra nuda, riprende alcuni scalini del patibolo, e tutto intorno faretti con luci bianco-rosso e verde, illuminano la scena. La sua persona nel passato è stata immortalata da numerosi libri, canzoni e opere teatrali ispirati alle sue gesta. Una esauriente biografia di Menotti è contenuta nel volume Ciro Menotti e i suoi compagni edito nel 1880 dalla Tipografia Azzoguidi di Bologna. Nello stesso volume, scritto dall'ex ufficiale garibaldino Taddeo Grandi, sono narrate nei particolari le vicende che portarono alla realizzazione del monumento al Menotti in Modena. Tale monumento venne commissionato da un comitato di cittadini allo scopo di ricordare gli avvenimenti della notte del 3 febbraio 1831. Fu realizzato dallo scultore modenese Cesare Sighinolfi ed eretto nel 1879 proprio di fronte all'ingresso del palazzo, con lo sguardo rivolto verso la stanza dove venne firmata la sua condanna a morte, che era, al tempo dei duchi, il centro del potere. Recentemente si è tenuto a Modena un convegno di storici sulla congiura del 1831 nell'intento di chiarire soprattutto il comportamento di Francesco IV e il Comune ha dedicato a Ciro Menotti una piccola mostra di documenti fra i quali la famosa lettera alla moglie. I resti di Ciro Menotti riposano nella cappella mortuaria della famiglia all'interno della chiesa parrocchiale di Spezzano di Modena.

ANDIAMO DIETRO LE QUINTE DELLA STORIA. CONOSCERE E' MEGLIO CHE IGNORARE....PIERO ANGELA CI AIUTA CON IL FILMATO CHE NON E' A TEMA MA POCO IMPORTA, INTANTO IMPARIAMO.....

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