Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





mercoledì 5 gennaio 2011



Mohammad Reza Pahlavi in persiano: محمد رضا پهلوی‎ - in italiano spesso traslitterato Reza Pahlevi (Teheran, 26 ottobre 1919 – Il Cairo, 27 luglio 1980) è stato l'ultimo Scià dell'Iran; ha regnato tra il 1941 e il 1979.

Figlio di Reza Pahlavi, divenuto Scià nel 1925. Uomo forte della Persia dal 1921 in seguito a un colpo di Stato, Reza Khan divenne Primo Ministro nel 1923 e nel 1925 salí infine sul Trono del Pavone con il nome di Reza Pahlavi. Mohammad Reza nacque nel 1919. Suo padre, una volta diventato Monarca assoluto, operò una feroce repressione nei confronti dei gruppi religiosi e della sinistra o democratici, terminata con la condanna a morte dei loro principali esponenti.

Nel 1941 Stalin e Churchill, preoccupati dalle relazioni amichevoli della nazione con la Germania Nazista, si misero d'accordo per invadere l'Iran, cosa che avvenne nell'agosto dello stesso anno, e costrinsero all'esilio Reza Pahlavi. Secondo molti autori, il timore dell'influenza nazista fu solo un pretesto e l'Iran fu occupato dagli anglo-sovietici per permettere il trasferimento di materiale bellico all'Unione Sovietica, allora sotto attacco nazista, lungo il cosiddetto "corridoio persiano". Dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti la gestione logistica del corridoio persiano passò agli americani [1]. I britannici mantennero il controllo delle risorse petrolifere.

In assenza di valide alternative gli inglesi permisero a Mohammad Reza di diventare Scià, il 16 settembre 1941, a 22 anni di età. Dopo la Conferenza di Teheran di Stalin, Roosevelt e Churchill del 1943 gli Alleati si impegnarono a sviluppare una monarchia costituzionale. Con la fine dell'alleanza antinazista e lo scoppio della Guerra Fredda gli inglesi consentirono l'involuzione verso un governo di tipo parlamentare sulla carta, ma dittatoriale di fatto. Per Londra era essenziale mantenere il controllo sulle risorse petrolifere persiane. Mohammad Reza partecipò più attivamente all'elaborazione della linea politica del Paese, opponendosi o ostacolando l'attività di alcuni dei Primi Ministri più volitivi e sgraditi a Londra ed eliminando avversari politici. Altra sua preoccupazione fu quella di mantenere l'esercito sotto il controllo della monarchia. Nel 1949, a seguito di un tentativo di assassinio, si ebbe la messa al bando del partito Tudeh (filo-sovietico e ritenuto responsabile dell'attentato) e l'ampliamento dei poteri costituzionali dello Scià. Nonostante la politica filo-britannica del Monarca, in Persia cresceva sempre più l'avversione alla Anglo-Iranian Oil Company, accusata di sfruttare avidamente le risorse naturali del Paese.

Nel 1950 la popolazione ed il Parlamento erano contrari al rinnovo della concessione petrolifera all'AIOC, caldeggiata invece dallo Scià. Il Primo Ministro Generale Ali Razmara che insisteva per il rinnovo fu assassinato nel 1951 da un fanatico religioso. Al suo posto il Parlamento (in persiano Majlis) elesse Primo Ministro Mohammad Mossadeq, il principale oppositore dell'AIOC, che fece immediatamente approvare la nazionalizzazione dell'industria petrolifera con l'attivo sostegno del clero sciita militante, guidato dall'Ayatollah Kashani. La reazione di Londra fu molto dura e provocò la crisi di Abadan. Sul piano interno l'Ambasciata britannica chiese allo Scià di sostituire Mohammad Mossadeq con un Primo Ministro più flessibile. Nel 1952 il Monarca sostituì Mossadeq con Ahmad Qavam, ma il Primo Ministro era assai popolare e scoppiarono proteste di piazza che costrinsero Mohammed Reza a richiamare al Governo Mohammad Mossadeq. Egli entrò in forte contrasto con lo Scià, sia in politica economica sia sulla delicata questione del controllo dell'esercito. il Parlamento accettò la nomina del Ministro della Difesa e capo dell'esercito da parte di Mossadeq contro il volere dello Scià, che tuttavia infine la promulgò senza avvalersi del suo diritto di veto. Mohammad Reza Pahlavi entrò sempre più in rotta di collisione col suo Primo ministro, che nel 1952 aveva espulso l'Ambasciata britannica, accusata di ingerenza negli affari interni. Nel 1953 Mossadeq costrinse lo Scià a lasciare il paese e molti temettero che volesse proclamare la Repubblica. Mentre Mohammad Reza era in esilio a Roma, ci fu a Teheran un contro-colpo di Stato militare, sostenuto dal clero sciita e con l'appoggio dalla CIA e dal SIS britannico. Il Primo Ministro fu rovesciato e Mohammed Reza tornò trionfalmente in Iran [2]. Agenti CIA assoldarono plebaglia di Teheran che, inneggiando allo Shah, entrò nella capitale. L'esercito, già largamente contro Mossadeq, si schierò con gli insorti eliminando i pochi reparti fedeli al governo legittimo

Rientrato a Teheran, lo Scià sospese di fatto le garanzie costituzionali e assunse i pieni poteri. Mohammed Reza aveva 34 anni ed era padrone incontrastato della Persia e riprese la politica di modernizzazione forzata del Paese che era stata del padre. Nonostante la ricchezza petrolifera, la modernizzazione e lo sviluppo economico a tappe forzate provocarono forti squilibri sociali e malcontento, mentre l'opposizione non rinunciava a contrastare il suo assolutismo. Mohammed Reza Pahlavi quindi attuò una forte repressione, in particolare contro i gruppi religiosi che si erano opposti alla sua riforma agraria e sociale (la cosiddetta "Rivoluzione bianca") che aveva espropriato molti beni di manomorta, controllati dalle gerarchie religiose, e che aveva introdotto un certo numero di riforme laiche. Contro il clero militante furono messe in atto torture e numerosi esponenti religiosi furono uccisi o costretti all'esilio. Nel 1963 l'Ayatollah Khomeini (1900-1989) organizzò una congiura contro la Scià ma essa fu scoperta e Mohammad Reza Pahlavi, con un gesto di insolita generosità, decretò il solo esilio per Khomeini.

Negli anni '70 molti studenti iraniani inviati a perfezionarsi in Europa parteciparono alle rivolte studentesche del '68 e degli anni seguenti, chiedendo delle riforme democratiche anche per il loro Paese, ma scontrandosi con una dura repressione che contribuì ad alienare le simpatie della borghesia per il regime

Nel 1939 Mohammad Reza Pahlavi sposò Fawzia, sorella di Faruq I d'Egitto, da cui divorziò dieci anni dopo. Nel 1951 sposò in seconde nozze Soraya Esfandiary Bakhtiari la quale non riuscì però a dargli un erede al trono, per questo venne ripudiata con dolore, ricevendo ricche prebende dal successivo divorzio. Quindi, dopo questo matrimonio, lo Scià Reza sposò il 21 dicembre del 1959 Farah Diba, che gli dette due figli e due figlie.

Mohammad Reza Pahlavi attuò una politica economica estremamente favorevole agli Stati Uniti e all'occidente, permettendo alle multinazionali di sfruttare le risorse del Paese. Al contempo lo Scià avviava il programma "Grande Civiltà", che, nelle intenzioni originarie, avrebbe dovuto condurre l'Iran ad un livello di sviluppo economico e sociale paragonabile a quello dei Paesi occidentali attraverso l'investimento degli enormi proventi petroliferi. Di fatto il progetto fu un fallimento su tutti i fronti, in quanto i proventi petroliferi venivano in buona parte incamerati dall'entourage di corte e dalla famiglia imperiale; la parte rimanente delle entrate dell'Iran venne investita perlopiù in infrastrutture militari e apparecchiature belliche costosissime. Vennero, sì, importati materiali, derrate e attrezzature di uso civile dall'estero, ma essendo l'Iran cronicamente privo di infrastrutture e di manodopera specializzata lo Scià fu costretto a importare tecnici e altri lavoratori qualificati (tra i quali un posto di preminenza assoluta occupavano gli addetti alle apparecchiature belliche) dagli USA e dall'Europa. Ancora oggi in Iran sono presenti, in alcune aree, quantità impressionanti di veicoli, materiali e attrezzature, abbandonati vista l'impossibilità di poterli utilizzare concretamente. Lo Scià fu attivo altresì nella sua attività di repressione del dissenso da parte del clero, sebbene pubblicamente partecipasse a funzioni religiose, mantenendo un atteggiamento ambivalente i questo ambito. Numerosi furono i mullah torturati e incarcerati dalla Savak durante il suo regno. Anche la riforma agraria da lui varata, basata sull'esproprio delle proprietà fondiarie delle moschee (derivanti dai cospicui lasciti dei fedeli) si risolse di fatto in un'operazione di accaparramento e distribuzione delle terre migliori ai favoriti di corte (senza dimenticare sè stesso), venendo a creare uno squilibrio economico tra la ristretta cerchia dei beneficiari dello Shah e la grande maggioranza della popolazione. Di fatto l'opposizione, non trovando sbocchi altrove si concentrò nella moschea, l'unica istituzione in qualche misura politica tollerata dal regime al di fuori del Rastakhiz (il partito dello Shah, nel quale tutti dovevano essere regolarmente iscritti).
Numerosi tentativi di assassinio o di colpo di stato furono organizzati, soprattutto da gruppi religiosi islamici, cui lo Scià rispose con una repressione inefficace quanto brutale. Tuttavia, la sua posizione ambivalente nei confronti della religiosità iraniana, della quale era virtualmente anche il capo (incarnando un modello cesaropapistico) lo poneva in difficoltà impedendogli di prendere provvedimenti drastici al fine di evitare lo scontento aperto delle masse popolari.


Si calcola che dal 1953 al 1978 diverse centinaia di migliaia di persone siano state arrestate per reati politici ma meno di 3.000 torturate. L'opposizione esplose a fine 1978: Khomeini riuscì a ritornare in Persia (dopo un lungo esilio nella Città Santa irachena di Najaf) e i soldati passarono dalla sua parte grazie agli accordi con vari generali tra cui il Gen. Fardoust, amico d'infanzia dello Scià e suo confidente, che passò indenne a far parte del nuovo regime con l'incarico di capo della SAVAMA (la nuova SAVAK del regime islamico) e il Gen. Gharabaghi, ultimo Capo di Stato Maggiore della Difesa dell'esercito imperiale (anch'egli poi morto di vecchiaia a Parigi).


Lo Scià fu di fatto vittima della sua stessa debolezza e arroganza, credendo di essere amato dal popolo iraniano al quale, a suo dire, aveva portato prosperità e ricchezza; ma di fatto non si rese mai conto delle precarie condizioni in cui versava il Paese. Ciò fu essenzialmente conseguenza del suo distacco dalla realtà concreta e del suo estraniarsi dal vero Iran, preferendogli gli svaghi e la vita di corte. La scelta di Khomeini d'altronde appare storicamente l'unica possibile, vista la decapitazione delle élite culturali del Paese portatrici di istanze democratiche sistematicamente attuata sotto il regime dello Scià. La classe dirigente religiosa, potendo contare su una capillare presenza sul territorio grazie alle moschee e ai mullah locali, diventava in quest'ottica l'unica scappatoia al regime monarchico.

Va ricordato che lo Scià, negli anni, aveva accresciuto la collaborazione con lo Santa Sede (tanto da farsi nominare cavaliere e difensore della fede cristiana nel mondo[senza fonte]) attirandosi inimicizie negli stati di religione islamica. Nel 1978 iniziarono in Iran una serie di manifestazioni di protesta e scioperi che, a fronte della repressione da parte di Mohammed Reza, continuò a crescere d'ampiezza fino a diventare un movimento rivoluzionario. Verso la fine dell'anno, lo Scià cercò, molto tardivamente, di avviare una politica di dialogo che calmasse la marea di proteste. Era tuttavia troppo tardi e dall'esilio in Francia l'Ayatollah Khomeini, ormai riconosciuto come leader indiscusso della rivoluzione, esigeva solo la sua deposizione. Nel gennaio del 1979, già malato, abbandonò l'Iran per evitare un bagno di sangue tra i suoi sostenitori e i rivoluzionari i quali, preso il potere, provvidero a giustiziare indiscriminatamente tutti coloro che erano appartenuti al regime imperiale, senza veri processi. Il suo esilio terminò in Egitto, l'unico paese che si dichiarò disposto ad accoglierlo. Proprietario di un'immensa fortuna, questa passò in parte al nuovo regime di Teheran e da qui ai nuovi dignitari.

Nonostante la vittoria della Rivoluzione, quando Mohammed Reza si recò negli Stati Uniti, molti a Teheran temettero che l'America stesse tramando qualcosa per farlo tornare come già fatto nel 1953 al tempo di Mohammad Mossadeq. Nel novembre 1979 studenti universitari, influenzati dalle idee di Khomeyni, occuparono allora l'Ambasciata americana e per un anno tennero in ostaggio i 52 statunitensi che costituivano lo staff diplomatico Usa, minacciando di ucciderli se gli Stati Uniti non avessero consegnato lo Scià. A fronte di questa crisi degli ostaggi, Carter e il Congresso si rifiutarono di cedere per rispetto al diritto di asilo che gli era stato concesso per motivi umanitari (lo Scià era malato terminale di cancro e voleva farsi curare a New York).
Dopo oltre un anno sotto sequestro, gli ostaggi furono rilasciati soltanto pochi minuti dopo l'elezione del nuovo presidente americano, Ronald Reagan. Le nuove istituzioni iraniane rappresentarono un'esperienza senza precedenti in tutto il mondo islamico, fu infatti creato un "Consiglio di giurisperiti" cui era affidato ogni potere di veto sulle norme non ritenute in linea con gli assunti dell'Islam sciita (vilāyet-e faqih) che decretò il pieno allineamento del paese alla Sharīʿa islamica sciita, reintroducendo la pena di morte per l'adulterio e la bestemmia e introducendo l'obbligo del velo muliebre.
Mohammad Reza Pahlavi non sopravvisse molto alla sua deposizione: morì infatti l'anno dopo, nel 1980, in Egitto. Lo Scià aveva infatti trovato ospitalità presso Sādāt, dopo che la sua permanenza negli Stati Uniti era stata utilizzata come pretesto per assaltare l'ambasciata americana di Teheran. È sepolto al Cairo, nella moschea di al-Rifāʿī

Nessun commento:

Posta un commento