Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





martedì 27 dicembre 2011

Al Convitto nazionale di Salerno Pietro Orlandi ha presentato ”Mia sorella Emanuela”

Al Convitto nazionale di Salerno Pietro Orlandi ha presentato ”Mia sorella Emanuela”

Nel pieno Rinascimento della città di Salerno

Nel pieno Rinascimento della città di Salerno

Il vincitore del Premio Charlot al Ridotto di Salerno

Il vincitore del Premio Charlot al Ridotto di Salerno

Alessandro Bolide al Teatro Ridotto di Salerno

Alessandro Bolide al Teatro Ridotto di Salerno

Torna Domenico Lanutti al Ridotto di Salerno

Torna Domenico Lanutti al Ridotto di Salerno

A Natale a spasso con i miei nipoti



Chi è Marco e chi è Simone, all'improvviso è difficile stabilirlo, sono gemelli, due in uno, una sorprendente combinazione della natura. Loro, sono i miei nipoti secondi e da parte mia, due affetti in uno. Mi piace incontrarli, abbiamo alcuni interessi in comune: il cinema, l'arte, i viaggi e i libri che dopo i fumetti apprezzano. Alla Vigilia di Natale ci siamo incontrati al centro, in Corso Vittorio Emanuele e per non lasciare nulla di non documentato, c'è questa bella foto a fissare l'immagine. Auguri ragazzi per la vostra vita, che sia splendida, operosa e piena di affettività.

Alcuni anni fa scrissi per voi

Due bastoncini

Due bastoncini
di legno buono
sono assopiti
nel candido giardino
delle emozioni.
Uguali,
vivono il lerargo,
si aggrappano l'un l'altro
ed amano la stessa
madre.
Sicuro,
il padre,
soppesa,
la prossima vecchiaia

Maria Serritiello

MARCIA TRIONFALE, IL CAMMINO DELLA VOSTRA VITA .....

mercoledì 21 dicembre 2011


QUADERNO A QUADRETTI
RUBRICA DI
MARIA SERRITIELLO



Un cane randagio ha cercato riparo e calore....in un presepe, allestito in una piazza.Il cane sa a chi rivolgersi....l'uomo non è più affidabile, sopratutto nei periodi vacanzieri, quando l'amico della casa può essere lasciato vagare senza protezione ed un tetto dove stare, in nome dell'egoismo e di un falso bisogno.

Ma non ve li prendete se avete esigenze diverse, che non combaciano con l'affettività del più caro amico dell'uomo. Un cane è per sempre, se lo si ama , anche quando varca l'arcobaleno
(SEMA)

NEL VIDEO NON CONDIVIDO DI DARE LA DOLCE MORTE IN CASO DI MALATTIA GRAVE....LA MORTE NON LA POSSO DARE A CHI MI E' CARO...PER IL RESTO CONDIVIDO IL CONTENUTO DEL VIDEO...

domenica 18 dicembre 2011

Se grandi dicono




Io ti dico che l’uomo è Uomo quando non è testardo.
Quando capisce che è venuto... il momento di fare marcia indietro, e la fa.
Quando riconosce un errore commesso se ne assume le responsabilità, paga le conseguenze, e cerca scuse.
Quando riconosce la superiorità di un altro uomo e ce lo dice.
Quando amministra e valorizza nella stessa misura tanto il suo coraggio quanto la sua paura.

(Eduardo De Filippo)

il mio giornale: Le belle favole di Natale: La piccola fiammiferaia...

il mio giornale: Le belle favole di Natale: La piccola fiammiferaia...: LA PICCOLA FIAMMIFERAIA Hans Christian Andersen Era l'ultimo giorno dell'anno: faceva molto freddo e cominciava a nevicare. Una povera ...

martedì 13 dicembre 2011

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il mio giornale: Le belle favole di Natale: ll Natale di Martin di...: Le belle favole di Natale Il Natale di Martin di Leone Tolstoj In una certa città viveva un ciabattino, di nome Martin Avdeic. Lavorava ...

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sabato 10 dicembre 2011

Steve Duno:L'ultimo cane sulla collina



L'Autore

Steve Duno è un comportamentista animale che ha scritto decine di libri sull'argomento e centinaia di articoli.La sua carriera come addestratore di animali è iniziata nel 1989 quando ha salvato "Lou" un pastore Rottweiler di 6 mesi.

La trama

Steve Duno un giorno come tanti, nel camminare per strada, vede un cucciolo in condizioni pietose e ricoperto da tante pulci. Lo precedono altri cuccioli che in fila scendono da una collina. Negli occhi di quella bestiola Steve vede la speranza di un amico fidato e scegliendo per lui il nome di Lou decide di ospitarlo in casa. Nonostante le prime difficoltà incontrate dal cagnolino nel vivere tra le mura domestiche, ben presto grazie ad alcune lezioni impartitegli dal suo padrone, Lou riesce ad ambientarsi nella casa di Steve

Ci sono incontri che ti cambiano la vita. È ciò che accade a Steve Duno quando vede sul ciglio di una strada un cagnolino zoppicante e pieno di pulci. È l'ultimo di una fila di cuccioli che scende da una collina. Negli occhi pieni di speranza del piccolo, metà pastore tedesco e metà rottweiler, Steve riconosce il suo futuro migliore amico e lo porta a casa con sé. Ma Lou è un cane di strada e non è fatto per vivere fra quattro mura. Così il suo padrone decide di dargli qualche lezione: incredibilmente, nel giro di alcuni giorni, Lou passa da corse forsennate fra le automobili in movimento e pasti rimediati nei cassonetti dell'immondizia a una disciplinata vita d'appartamento. Per Steve è una rivelazione: grazie al legame speciale con Lou, si appassiona all'addestramento a tal punto da diventare in pochi anni un grande esperto del settore. Il vero miracolo, però, lo compie insieme con Lou: nei suoi sedici anni di vita, l'ex cucciolo di strada dimostrerà di essere dotato di un istinto e un coraggio da far invidia a Lassie e Rex e, con il suo padrone, porterà conforto ai malati di Alzheimer, sventerà rapine, contribuirà a rieducare cani aggressivi destinati alla soppressione. Regalando a Steve un'inesauribile lezione di vita, forza ed eroismo. Questo libro, scritto da Duno dopo la morte di Lou, è il tributo traboccante d'amore a un cane diverso da tutti gli altri, un piccolo grande eroe. Ed è la celebrazione tenera e commossa di un'amicizia straordinaria, fatta di lealtà, fiducia...

Il libro di Steve Duno édito da Sperling & Kupfer è la storia di un cane raccontata dall’autore, che dopo la morte del suo grande amico a quattro zampe, ha voluto ricordarlo raccontando la sua storia in questo memoriale

giovedì 17 novembre 2011

A Paestum la XIV Borsa del Mediterraneo



FONTE:LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

Nell’ambito della XIV Borsa del Mediterraneo del turismo Archeologico di Paestum, venerdì 18 novembre alle ore 12, presso la Sala Saturno dell’Hotel Ariston , si terrà un convegno organizzato del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimoniale Culturale, dal titolo:” La protezione dei beni archeologici: L’Esperienza dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale e quello degli altri paesi”.

Al convegno prenderanno parte il Comandante dei Carabinieri T.P.C., Generale Pasquale Muggeo, i delegati istituzionali per la tutela dei patrimoni archeologici di Turchia, Algeria, Messico e Libia e i rappresentanti dell’Unesco, Icomos, Iccrom.



Che cos’è:La Borsa del Mediterraneo

La Borsa Mediterranea del turismo è un evento importante a carattere nazionale, le cui caratteristiche sono i prodotti turistici che verranno presentati.

Una particolarità della fiera sta nel e vendere il Sud Italia, nel senso che vengono presentate tutte le particolarità turistiche dall’area sud.

Degno sito, Paestum, per ospitare la manifestazione e per un confronto tra paesi che si affacciano sulle sponde del Mar Mediterraneo. Quest’anno il paese ospite sarà, la Turchia.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu

martedì 15 novembre 2011

E’ iniziato al “Ridotto” di Salerno “Che comico 2011”-2012



FONTE:LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

E’ iniziato al “Ridotto” di Salerno “Che comico 2011”-2012 Domenica 13 Novembre 2011 09:06 Scritto da Maria Serritiello 0 Comments Al “Ridotto” di Salerno, un inizio di classe, per l’incipit della stagione teatrale “Che Comico 2011-2012”. A fare spettacolo è stato il varietà, quello classico, quello inframmezzato da suoni e canzoni che hanno fatto la storia della musica, quel nostalgico varietà del passato, corico di sottintesi, di barzellette salaci, di ballerine e soubrette procaci.

Su tutti, poi, lui, Luciano Capurno, il cantante di giacca, il pronipote del compositore di o “Sole mio”, una limpida voce tenorile, con un’ estensione eccezionale. Alto, distinto, elegante, con indosso i suoi completi scuri, mentre presenta con garbo lo spettacolo. Con lui due belle voci femminili: Anna Caso e Carla Buonerba a fargli da controcanto ed accompagnate sul fondo da coreografie, interpretate da :Rita Baruffo, Monica Caruso, Alessia Iuliano, Giovanna Nicodemo, Carmine Rullo, Valentina Serena.

Lo spettacolo è a tratti vivacizzato da scenette comiche o da batterie di barzellette, che Paolo Nerone, autentico macchiettista, vincitore, tra l’altro, di un’edizione di “La sai l’ultima”, presentata, su canale 5, da Gerry Scotti, inserisce per spezzare i tempi musicali.

Uno spettacolo completo, a tratti elegante, con punte d’intensità musicale, quando sono reinterpretati con maestria brani di repertorio internazionale e così il pubblico estasiato ha potuto gustare, tra i tanti, il pezzo portato a successo da due calibri: l’italianissimo Andrea Bocelli e Dulce Pontes, l’eccezionale cantautrice di fado portoghese. Lo spettacolo, trasferito per l’occasione al “Delle Arti” si è basato, dunque, sulla formula classica e vincente del vecchio varietà, dando ragione agli interpreti, considerati gli applausi e la richiesta di bis. Una ripetizione che Capurno concede senza difficoltà e senza neanche sceglierla dal repertorio: O sole mio, per lui cantarlo è stato d’obbligo.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu

mercoledì 9 novembre 2011




Addio a Joe Frazier, uno dei grandissimi della boxe. Fu il primo a battere Mohammed Ali

Joseph William Frazier, noto semplicemente come Joe Frazier (Beaufort, 12 gennaio 1944 – Filadelfia, 7 novembre 2011), è stato un pugile statunitense.

Vincitore di una medaglia d'oro alle Olimpiadi è stato detentore del titolo di campione del mondo dei pesi massimi. Soprannominato "Smokin' Joe", è ricordato soprattutto per essere stato l'irriducibile avversario di Muhammad Ali, con il quale si confrontò in tre memorabili incontri, considerati tra i più duri ed emozionanti della storia del pugilato. In un'intervista rilasciata alla HBO, disse che nel suo terzo match con Ali (il "The Thrilla in Manilla") aveva un occhio parzialmente accecato, a causa di un incidente durante gli allenamenti.

Fu eletto Fighter of the year (pugile dell'anno) dalla rivista americana Ring Magazine nel 1967, 1970 e 1971.

Dotato di una forza brutale, e in particolare di un devastante gancio sinistro, Frazier è stato un campione vero anche da dilettante, vincendo l'oro olimpico a Tokyo 1964. Quindi ha detenuto il titolo mondiale ed è entrato nella Hall of Fame.

Fuori dal ring era invece considerato un autentico gentleman, che ha tentato la carriera di cantante con il gruppo dei "Joe Frazier and the Knockouts". Figlio di un raccoglitore di cotone in una piantagione della Carolina del Sud, si è trasferito a Filadelfia a soli 17 anni per intraprendere la carriera pugilistica. Da professionista "Smokin' Joe" ha sostenuto 37 incontri, vincendone 32 (27 prima del limite), perdendone 4 e pareggiandone uno.

Per tre anni (1967, 1970 e 1971) è stato proclamato "pugile dell'anno" dalla rivista americana "Ring Magazine". Lascia 11 figli, tre dei quali, due maschi e una femmina, hanno cercato di ripercorrere le sue orme sul ring. Nei giorni scorsi, quando le sue condizioni si sono terribilmente aggravate, ha pregato per lui anche il grande Ali: «Le ultime notizie a proposito di Joe sono difficili da credere e ancora più difficili da accettare - aveva detto l'ex campione, da tempo affetto dal morbo di Parkinson - Joe è un combattente e un campione, e io prego che lotti anche adesso».

Fu proprio Frazier il primo a battere Ali ai punti nel 1971 al Madison Squadre Garden di New York, per decisione unanime dopo 15 durissimi round, in quello che allora fu definito il "match del secolo". Ali si prese la rivincita tre anni dopo, sempre ai punti ma dopo 12 round, prima di aggiudicarsi anche la "bella" a Manila nelle Filippine al termine del 14/o round, in un altro match mondiale ormai entrato nella storia della boxe.

Origini

Joe Frazier nacque il 12 gennaio 1944 a Beaufort, Carolina del Sud, da Rubin e Dolly Frazier. Crebbe in una fattoria di famiglia di dieci acri con i suoi dodici fratelli e sorelle. Un tredicesimo figlio, David, morì di difterite da piccolo, rendendo così Joe il membro più giovane della vasta famiglia Frazier. I suoi genitori piantavano verdure e allevavano maiali, ma il loro reddito principale veniva soprattutto dal lavoro per le aziende agricole di grandi proprietari terrieri bianchi. Sua madre lavorava nei campi, mentre suo padre era un sorvegliante. Soprannominato Billy Boy, Frazier è stato, per sua stessa ammissione, il figlio preferito di suo padre, che era spesso al suo fianco. Nella sua autobiografia disse: "... Mio papà era il mio eroe, il mio battito cardiaco. Eravamo sempre insieme."[1] Dolly era invece una devota battista e disciplinava per bene i suoi figli. Infatti, ogni sua parola era legge e i bambini non dovevano far altro che ascoltare e obbedire. L'infanzia di Frazier fu una vita rurale del sud: trascorse gran parte del suo tempo ad aiutare il padre a gestire un immobile e aiutandolo nel fare le sue faccende quotidiane. E così come fecero i suoi genitori e fratelli, anche lui stesso lavorò nei campi di una delle grandi aziende agricole.

Nei primi giorni di Novembre, viene annunciato che il campione è in fin di vita e che stà combattendo la battaglia con l'ultima fase della sua drammatica malattia. La notte del 6 Novembre girano voci in cui viene detto che Frazier non ce l'ha fatta, ma poi vengono smentite. Perderà la vita qualche ora più tardi a 67 anni a Filadelfia, il 7 novembre 2011. 'Smokin' Joe' è stato messo al tappeto da un tumore al fegato. Il suo più grande avversario, Muhammad Ali, ha portato il suo tributo dicendo: "il mondo ha perso un grande campione. Ricorderò sempre Joe con rispetto e ammirazione. Il mio pensiero va alla sua famiglia e a coloro che l'ha amato". Al 67enne vecchio campione, il tumore era stato diagnosticato un mese prima della sua dipartita




FONTE: IL BLOG DI SALERNO SU VIRGILIO DI MASSIMO VECCHIO
DI MARIA SERRITIELLO


LE CARAMELLE VENEZIANE


Nel 2005 per un periodo, non lungo, Matteo Scannapieco, riprese al 'Corso', l’antica fattura delle 'Caramelle Veneziane'. Per molti fanciulli di una certa età fu una gioia …
Solo per qualche tempo, nel 2005, dall’affollato incrocio di Piazza Malta, allo slargo di Piazza Portanova, si risentì nelle narici l’odore dello zucchero cotto delle 'caramelle veneziane'. Il buon odore, in effetti, mancava, a quanti erano di passaggio per il corso, dall’ 88 e cioè da quando Matteo Scannapieco, per il nuovo assetto del salotto cittadino, smise l’attività, impoverendo ancor più un tratto di strada che, per buona parte, ha racchiuso, un tempo più di oggi, lo svolgere della vita salernitana.
Qui, infatti, c’erano i più importanti esercizi commerciali, i bar frequentati per la chiacchierata tra amici ed il consumo in piedi del liquido nero, la 'Casa del Caffé' per acquistarlo fresco e tostato, la Standa, una specie di bazar per ogni acquisto possibile ed il cinema, quattro per l’esattezza: il Capitol, l’Astra, il Mini ed il Metropol, dal quale nella bella stagione, oltre alle immagini delle star, si potevano scorgere, da un oblò mobile, spalancato magicamente sulle teste degli spettatori, le stelle ed il cielo. A sentire la mancanza delle caramelle dai vivaci colori, quando “Matteo” smise fu, soprattutto, una certa generazione, quella del dopoguerra alla quale le gustose leccornie venivano offerte avvolte in un piccolo cono di carta oleata e come premio guadagnato.
Ad iniziare la lavorazione artigianale al numero civico 245 del corso Vittorio Emanuele fu 'Ernesto' il padre di “Matteo”, una passione a sua volta trasmessagli dal di lui padre e che senza interruzione svolse dal ’46 al ’74, quando, appunto, passò il testimone al proprio figlio. Per anni la bancarella addobbata festosamente dalle ghiottonerie colorate, come il vestito di Arlecchino, la maschera veneziana, da cui il nome delle caramelle, ha raccolto intorno a sé, ad ogni inizio di lavorazione, grandi e piccini. Ernesto prima e il figlio poi, novelli 'Merlino' riuscivano con destrezza, per mantenere alta la tradizione, a mutare davanti a tutti e in un corpo rotativo riscaldato dal fuoco, la polvere granulosa dello zucchero, in una matassa filamentosa che allacciata e riallacciata ad un gancio della stessa bancarella, si trasformava, all’istante, nei gustosi coriandoli. La ricetta, semplice, dallo zucchero all’aroma, dal fuoco alle poche gocce di colore, è stata sempre segreta, infatti, non si tramandava neppure da padre in figlio e se, nei due periodi successivi, Matteo riuscì a continuare la produzione fu dovuto al fatto che, nel dna di questa famiglia, c’è la predisposizione e la capacità di “rubare il mestiere”, malgrado la segretezza di ognuno. E così nel 2005, dopo17 anni, Matteo sentì di nuovo il bisogno di riprendere ciò che aveva sospeso, ora definitivamente abbandonato. Ma il vecchio banco con la spianatoia di marmo bianco, sul quale tre generazioni hanno posato le mani, rifacendo gli stessi gesti, mescolando ed amalgamando gli stessi ingredienti, come avevano fatto il padre ed il nonno di Matteo, è impresso nella memoria collettiva dei salernitani. Per magia negli occhi di quelli che ricordano, ancora si allineano, le particolari caramelle, uniche nel gusto e fantasiose nei colori che richiamavano il rosso della fragola, il giallo della banana, il verde della menta e il bianco dell’ anice, con il chicco nero di caffé, detto “mosca”. Chissà, se mai più la tradizione di famiglia avrà una continuazione nel futuro e se all’improvviso, gli eredi di Matteo sentiranno, malgrado le loro professioni, il richiamo della dolce alchimia, che nessuno ha trasmesso loro, chissà... intanto per la gioia della memoria, ci basterà socchiudere gli occhi nel posto dove da bambini tiravamo per la manica i genitori, ed esprimere un desiderio, magari sotto le stelle cadenti delle scintillanti luci d’artista, per ritrovare intatto il dolce del gusto.'
di Maria Serritiello



martedì 8 novembre 2011

A Salerno 2° Festival Corale Nazionale


( Davide Curzio- foto Maria Serritiello)

FONTE:LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO


2000 i partecipanti, 65 i Cori e otre 40 i concerti, questi sono i numeri della seconda edizione del Salerno Festival-Corale Nazionale. L’importante manifestazione, nata dall’unione della Feniarco, Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali e ARCC, Associazione Regionale Cori Campani, ha scelto di nuovo Salerno, quale sede per il raduno nazionale e dal 3 al 6 novembre la città è stata simpaticamente invasa dalla soavità delle voci all’unisono.

Provenienti da varie regioni e con repertori diversi, i cori di voci bianche, giovanili, di voci pari maschili e femminili e di voci miste si sono esibiti in concerto, negli angoli più suggestivi della città, illuminata a giorno dalle fantasmagoriche luci d’artista. Oltre al capoluogo il bel canto è stato protagonista anche in altri centri della costiera e dell’entroterra quali Amalfi, Atrani, Cava de’ Tirreni, Cetara, Fisciano, Pompei, Portici, Valle della Lucania e Vietri sul Mare.

Un grande successo, anche la seconda edizione del Salerno Festival Corale Nazionale, dove musica, cultura e turismo si sono congiuntamente uniti in uno scenario unico al mondo. Tra le locations usate, una menzione particolare va al Circolo Unificato Esercito di Salerno che, con la sua storia, fa parte dell’ antico monastero benedettino, dove soggiornò l’esiliato Gregorio VII e con la sua tradizionale signorilità, tenuta in auge dalla conduzione competente ed efficiente di Giovanni Squizza, ha ospitato tra gli altri, nella giornata di sabato, I Vocal Musifocus di Salerno, Electrifyn’ Chorus di Padova e Soul Six Vocal Group di Pagani (Sa).

Ognuno di loro, con caratteristiche e repertorio differente, si è cimentato con l’operetta, diretti dal M° Francesco Aliberti: i Vocal Musifocus di Salerno, con musiche tratte dai cartoons, diretti dal M°Nicola Rampazzo: gli Eletrifin’ Chorus di Padova e con un repertorio che spazia tra il gospel, il soul e il pop, i Soul Six Vocal Group di Pagani, con Gianluca Marazzo in testa. Nati artisticamente nel 2006 dalla passione di Giusy Visconto e Gianluca Marazzo i Soul Six Vocal Group sono di eccezionale bravura nell’eseguire brani a cappella: Change in my life, Isso è Brasil e Medley Queen. Corpo, voce, musica e gioia pura, tutto questo sono i giovani musicisti di Pagani, un dono regalato, ogni volta, a chi li ascolta.

La manifestazione si è conclusa con tre eccezionali esibizioni: il maxi concerto al Teatro Augusteo di Salerno di tutti i cori presenti in città, l’inno d’Italia, suonato dagli allievi della Scuola Media Statale “M. Monterisi” e cantato da tutti, coristi e cittadini, assiepati nella spazio più rappresentativo del centro storico salernitano: Piazza Portanova e la solenne messa cantata, alle ore 12, di domenica 6, celebrata da Monsignor Luigi Moretti, nella Cattedrale.

Tutta la manifestazione, per la presentazione, ha avuto un’ unica voce, quella dell’attore Davide Curzio, che da sola è pura armonia.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu

lunedì 7 novembre 2011

il mio giornale: Ecco le luci d'artista 2011



FONTE: IL BLOG DI SALERNO SU VIRGILIO DI MASSIMO VECCHIO

Si rinnova il tradizionale appuntamento in città con 'Luci d'Artista' edizione 2011 che prenderà il via alle ore 17 di venerdì 4 novembre e proseguirà fino alla fine di gennaio 2012. Il tema di questa edizione sarà “Stelle cadenti, Lanterne magiche e l’Arcobaleno”, mentre testimonial d'eccezione per l'accensione e quindi l'inaugurazione, sarà l'attore Lello Arena. Le installazioni luminose di quest'anno, daranno vita a cigni luminosi, creature alate, lampade e lanterne, onde e vele, stelle e pianeti ed un caleidoscopio arcobaleno.
Un'iniziativa, quella di 'Luci d'Artista', che da sempre crea dibattito e scambio di opinioni fra favorevoli e contrari, ma che in ogni caso apre ufficialmente il periodo natalizio salernitano e lascia spazio ad una serie di iniziative collegate, volte a rendere Salerno una delle città di riferimento di quello che è il movimento turistico natalizio.

Vi lascio alla visione di questo breve video assolutamente amatoriale.


QUADERNO A QUADRETTI
RUBRICA DI MARIA SERITIELLO

"MARONNA NOSTRA NUN CIA ABBANDUNA'"LA "PREGHIERA E PISCATORE"


A GENOVA E AL SUO GIORNO DI LUTTO

Le sette vittime dell'alluvione: Sphresa Djala, 29 anni, d'origine albanese, madre di Janissa di 1 anno e Gioia di 8, anche loro vittime dell'acqua del Bisagno; Angela Chiaromonte,40 anni, moglie di una guardia giurata; Evelina Pietranera, 50 anni, edicolante: i loro corpi sono stati raccolti nell'atrio del caseggiato; Serena Costa, 19 anni, schiacciata tra due auto.



domenica 6 novembre 2011





FABRIZIO DE ANDRE'

« Crêuza è stato il miracolo di un incontro simultaneo fra un linguaggio musicale e una lingua letteraria entrambi inventati. Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi. Mi piacerebbe che Crêuza fosse il veicolo per far penetrare agli occhi dei genovesi (e non solo nelle loro) suoni etnici che appartengono alla loro cultura. »
(Fabrizio De André in un'intervista.)





Creuza de ma


Umbre de muri muri de mainé
dunde ne vegnì duve l'è ch'ané
da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa
e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua
e a muntä l'àse gh'é restou Diu
u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu
ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
e a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria
E 'nt'a cä de pria chi ghe saià
int'à cä du Dria che u nu l'è mainà
gente de Lûgan facce da mandillä
qui che du luassu preferiscian l'ä
figge de famiggia udù de bun
che ti peu ammiàle senza u gundun

E a 'ste panse veue cose ghe daià
cose da beive, cose da mangiä
frittûa de pigneu giancu de Purtufin
çervelle de bae 'nt'u meximu vin
lasagne da fiddià ai quattru tucchi
paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi

E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi
emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi
finché u matin crescià da puéilu rechéugge
frè di ganeuffeni e dè figge
bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä



MULATTIERA DI MARE

Ombre di facce facce di marinai
da dove venite dov'è che andate
da un posto dove la luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
e a montare l'asino c'è rimasto Dio
il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido
usciamo dal mare per asciugare le ossa dell'Andrea
alla fontana dei colombi nella casa di pietra
E nella casa di pietra chi ci sarà
nella casa dell'Andrea che non è marinaio
gente di Lugano facce da tagliaborse
quelli che della spigola preferiscono l'ala
ragazze di famiglia, odore di buono
che puoi guardarle senza preservativo
E a queste pance vuote cosa gli darà
cose da bere, cose da mangiare
frittura di pesciolini, bianco di Portofino
cervelli di agnello nello stesso vino
lasagne da tagliare ai quattro sughi
pasticcio in agrodolce di lepre di tegole
E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli
emigranti della risata con i chiodi negli occhi
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
fratello dei garofani e delle ragazze
padrone della corda marcia d'acqua e di sale
che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare


Crêuza de mä (il cui nome originale è Creuza de mä, 1984) è l'undicesimo album registrato in studio di Fabrizio De André. Il disco è interamente cantato in lingua ligure, in quanto essa vuole rappresentare la realtà del bacino del Mediterraneo: in questo senso, il ligure, lingua della Repubblica di Genova e tuttora lingua viva, è stato per molti secoli (approssimativamente dal Basso Medioevo fino al XVIII secolo) una delle principali lingue per quanto riguarda la navigazione e gli scambi commerciali.

Il disco è stato considerato da parte della critica una delle pietre miliari della musica degli anni ottanta e, in generale, della musica etnica tutta. David Byrne ha dichiarato alla rivista Rolling Stone che Creuza è uno dei dieci album più importanti della scena musicale internazionale degli anni ottanta e la rivista "Musica & Dischi" lo ha eletto migliore album degli anni ottanta.

Al centro dei testi vi sono i temi del mare e del viaggio, le passioni, anche forti, e la sofferenza altrettanto forte; questi temi vengono espressi anche sul piano musicale attraverso il ricorso a suoni e strumenti tipici dell'area mediterranea, nonché all'aggiunta di contributi audio registrati in ambienti portuali o marinareschi, come quello raccolto al mercato del pesce di Piazza Cavour a Genova. Il titolo dell'album e della canzone principale fa riferimento alla crêuza, termine che in genovese indica una stradina (simile ai celebri caruggi), spesso sterrata, delimitata da mura, che porta in piccoli borghi, sia marinareschi che dell'entroterra.



venerdì 4 novembre 2011


LUCI D'ARTISTA
DI MARIA SERRITIELLO
wwww.lapilli.eu

Ci siamo, a soli tre giorni di differenza con Torino, la città gemellata per questo evento, venerdì 4 novembre, alle 17, nella Villa comunale, si accendono le luci d’artista a Salerno. E così, a cinque anni dalla prima accensione, torna l’evento più atteso dell’anno, che ha invogliato a visitare la città illuminata per ben 27 Km, a 2 milioni e più di visitatori.

Tocca quest’anno, come fu già per i suoi predecessori illustri, tra i quali Gigi Proietti, Marisa Laurito e Peppe Barra, a Lello Arena, il noto attore napoletano, presente in città, al Teatro Verdi , con il “Don Chisciotte” di Ruggero Cappuccio. Insieme al Sindaco Vincenzo De Luca, l’attore, nel giardino incantato della Villa Comunale, taglierà il nastro e darà l’avvio ufficiale all’evento, poi, via per la consueta passeggiata nei i vicoli, per il corso, alla Rotonda, fino ad arrivare a Piazza Caduti di Brescia a Pastena, con De Luca, il Sindaco eletto con il 77% di preferenze, sempre più uguale ad Eduardo e al suo presepe. Si, lui ama le luci d’artista, sono una sua invenzione per Salerno, le difende come fossero un suo giocattolo e ne parla con tenerezza infantile anche in pieno agosto, quando il calore non è propriamente quello delle lampadine. Le luci create dagli artisti, affiancate da tante manifestazioni per vivacizzare la città, sono nate per far superare le luminarie commerciali delle festività natalizie e per creare un evento come attrattiva turistica per Salerno. Un bell’intuito, non c’è che dire, se la risposta è che tutti gli alberghi sono prenotati nei weekend successivi all’accensione, fino a Natale.

Le istallazioni, en plein air, svilupperanno il tema delle stelle cadenti, lanterne magiche ed arcobaleno e nel cielo della città, anche una piacevole novità, rispetto alla volta scorsa, ad illuminarlo sarà Lello Ferrigno, il conosciutissimo artista salernitano che ha creato e disegnato i pannelli per la Via Diaz. La scelta è caduta su di lui in seguito ad un regolare concorso tra 28 partecipanti. Il tema sviluppato dall’artista è quello del mito con amazzoni e cavalieri . Doppio orgoglio per la città se a farla bella ed attraente è un suo talentuoso figlio. Le luci resteranno accese fino alla fine di gennaio.

Maria Serritiello

[* in foto luci d'artsta 2010 ]

venerdì 21 ottobre 2011


FONTE:CORRIERE DELLA SERA.IT

«Adotta una parola»: un gioco online per salvare l'italiano

Una campagna della Società Dante Alighieri,
con il supporto di «IoDonna» e «Corriere.it»


Nella conversazione quotidiana entrano continuamente nuove parole, da postare a kebabbaro, mentre altre cadono lentamente in disuso, come esecrabile o procace.

Per tutelare l'italiano che scompare, la Società Dante Alighieri, che dal 1889 si propone diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ha lanciato la campagna «Adotta una parola». In collaborazione con quattro dizionari d’italiano (Devoto Oli, Garzanti, Sabatini Coletti e Zingarelli) ha selezionato le parole in via d'estinzione nella nostra lingua.

Sul sito dell'iniziativa, chiunque ami l'idioma del bel paese può scegliere una parola, adottarla e diventarne il custode per un anno, impegnandosi a promuoverne l’utilizzo, segnalarne abusi e registrare nuovi significati. L'aspirante custode deve indicare la motivazione della scelta e sottoscrivere una dichiarazione simbolica d'impegno: in cambio, riceverà un certificato (digitale) di adozione.

Anche Io Donna e Corriere.it sostengono l'iniziativa. Hanno scelto venti parole "in via d'estinzione" e propongono un gioco per valorizzarle: nel forum di Corriere.it i lettori potranno scegliere una parola e inviare una frase che la contenga e ne illustri il significato. Ogni settimana, per un mese, Io Donna sceglierà e pubblicherà le frasi migliori.

Le parole con cui giocare:
affastellare, calligrafico, contrito, delibare, diatriba, dirimere, emaciato, fandonia, fronzolo, stantio, fuggevolezza, improntitudine, leziosità, lusingare, narcisistico, perseveranza, presagire, propinare, sconclusionato, uggioso.







FONTE:ANSA.IT
DI ALESSANDRA MAGLIARO



VITTI,80 ANNI IN SILENZIO PER LA PIU' AMATA

Omaggio da Festival Roma con mostra ma lei non ci sara'

Pensi a Monica Vitti e ti vengono in mente una testa di capelli biondi, gli occhi da gatta che quasi sorridono, una voce che riconosceresti tra mille e sequenze che hanno fatto la storia del cinema italiano, dall'Avventura di Michelangelo Antonioni al film simbolo Polvere di stelle, dalla Ragazza con la pistola di Mario Monicelli al Dramma della gelosia di Ettore Scola. La Vitti è nell'immaginario di tutti e chissà se lei ne è consapevole alla vigilia dei suoi 80 anni, il 3 novembre, vissuti nel silenzio come del resto gli ultimi.

Una malattia degenerativa ormai da oltre 10 anni ha progressivamente tolto la grande attrice dal cinema, dalla società, dalla vita pubblica e l'ha relegata in un mondo casalingo, protetta dal marito Roberto Russo, il fotografo sposato nel 2000 quasi in segreto. Di lei, rintanata nell'attico vicino Piazza del Popolo, mai più una foto, mai più un'uscita da molti anni. Così è del tutto improbabile che ci sia anche lei tra una settimana all'Auditorium Parco della Musica dove il Festival internazionale del cinema di Roma, in un'edizione sotto il segno del femminile, renderà omaggio con una mostra fotografica, alcuni suoi film e la presentazione di un libro all'attrice così tanto amata dagli italiani. E non ci sarà, come ha detto al Messaggero dieci giorni fa, neppure Roberto Russo "perché da anni abbiamo scelto di vivere lontano dai riflettori".

Pensi alla Vitti, icona del cinema, bravura e bellezza, Accademia d'arte drammatica e voglia di vivere, professionalità e ironia. Pensi alla Vitti e in testa ti vengono in mente lei a 30 anni nell'Avventura di Antonioni, primo dei film con il sodalizio artistico e sentimentale con il grande regista, poi qualche anno dopo con un Alain Delon da urlo nell'Eclisse di Antonioni, lei a 40 e più, bellissima con Alberto Sordi in uno dei film simbolo sulla Seconda Guerra Mondiale, Polvere di stelle, e poi tra Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini nel Dramma della gelosia. Immagini che saranno nella mostra fotografica a cura di Anna De Marchi e Antonella Felicioni allestita nel foyer dell'Auditorium dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale, insieme a Cinecittà Luce.

Il 3 novembre poi, giorno dei compleanno di Maria Luisa Ceciarelli, il suo vero nome, si presenterà un volume e saranno proiettati due film: Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca, firmato nel 1970 da Ettore Scola, e Scandalo segreto, l'ultimo suo lavoro, del 1990, di cui la Vitti è regista e sceneggiatrice, oltre che interprete. La mostra ripercorre cronologicamente i quarant'anni di una carriera che ha incredibilmente toccato i vertici del dramma e dell'intimismo, da una parte, e quelli del comico brillante dall'altra. Musa dell'incomunicabilità antonioniana in L'avventura (1960), La notte (1961), L'eclisse (1962) e Deserto rosso (1964), fino all'esperimento linguistico con il video de Il mistero di Oberwald (1980), Monica Vitti è anche la "mattatrice" della commedia all'italiana, compagna di scena di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi.



“Tradizione e memoria” la mostra del “Museo Città Creativa” di Ogliara (Sa)

“Tradizione e memoria” la mostra del “Museo Città Creativa” di Ogliara (Sa)

Come ammazzare il capo…e vivere felici

Come ammazzare il capo…e vivere felici

mercoledì 19 ottobre 2011



FONTE: IL BLOG DI SALERNO SU VIRGILIO
DI MARIA SERRITIELLO

Qualche tempo fa, prima che la dolcissima Signora D’Acunto ci lasciasse, avevo tratteggiato un suo profilo, che mi piace proporre in GuestBook. Così chi non la conosce, data l’età giovane, ne ha l’opportunità e chi la ricorda, la ritrova intatta nella memoria.

'Un po’ prima d’inoltrarsi nello slargo del Largo Campo, soffermarsi nella pasticceria Chianese è un forte richiamo che poco ha di commerciale per molti salernitani ma che ogni volta amano rinnovare.
La titolare, Nicolina D’acunto, una dolce signora di una certa età, accoglie tutti con un contenuto sorriso, quello che si può ancora trovare sulle statue delle Madonnine venerate in costiera. I capelli tirati indietro e fermati dalle forcine di finta tartaruga, sono uguali a quelli delle nonne, quando avevano tutte la stessa faccia. La dolcezza è quella dei suoi dolci che senza mai stancarsi e nel timore di Dio, fa da anni e da sola. La sua è una storia semplice, malinconica che la vede prima giovanissima, perdere il compagno della sua vita e poi consegnata al tempo, instancabile e laboriosa. Si entra, lasciando nella strada l’ombra dei vicoli e nella pasticceria che, nella sua storia, vanta di aver fatto assaggiare gustose zeppole perfino a Garibaldi, si ha l’impressione che gli ammodernamenti eseguiti non più di 5 anni fa, poco o niente hanno cancellato tracce di un passato qui annidato, profumato alla cannella. All’istante, il luogo e la piccola signora, risultano familiari, si ha voglia di parlare, ascoltare le sagge parole messe in fila e offerte naturali, come un pacchetto di durevoli amaretti. E di cose ne dice ma sempre dosandosi, come per una ricetta buona e quando dettaglia sul grano rifornito a intere generazioni della città per la fattura della pastiera, il sostanzioso dolce Pasquale, il racconto diventa una favola del c’era una volta. “Il grano” dice con fievole voce, mentre assesta le mani operose nel grembo protetto da un bianco sinale è portato fin qui da un grossista napoletano. Secco e tenero esso va lavato sette volte. Ecco, la ripetizione del gesto metodico della preparazione diventa simile al magico elemento delle favole vere: “…sette paia di scarpe ho consumato…, sette gnocchi hai da preparare se il principe vuoi sposare… e sette sono le leghe per il gatto con gli stivali…”. Allora, la cucina che s’intravede al di là del bancone e le scansie rinnovati quel tanto che basta, assume la struttura di antro spolverato dalle suggestioni incantate, con i suoi calderoni di lucido rame, ogni anno stagnati da un artigiano di Coperchia, avanti negli anni, con le grandi circonferenze che inghiottono un mezzo quintale alla volta di granuloso impasto e con lunghe, capaci cucchiaie di legno che servono ad aiutare le quattro ore di cottura. Ogni tanto, l’alchimia profumata riceve acqua tiepida, appositamente aggiunta per non far prosciugare il composto. Gesti lenti pazienti scenici che nessuno più sa interpretare e la stessa signora arrendevole dice consapevole “tutto è cambiato, non c’è più nulla come prima”. Ma come prima, come sempre, Lei, ha con gli avventori un legame di parentela, dispensando caramelle ai più piccini, chiedendo affettuosamente notizie sui più vecchi e rallegrandosi che ai suoi clienti, come per i familiari, le cose vadano bene. Cinquant’anni trascorsi così, ad addolcire testardamente tutto l’amaro della vita, a fare del suo mestiere una nobile arte. E tante, tra le altre, le sue specialità: dalle scorzette di cedro e zucca candite, al pan di spagna spalmato di “naspro”, la glassa di zucchero cotto, dai confetti di mandorle e cacao, alle “teste di moro”, vere ghiottonerie al cioccolato. Nei vasetti, poi, di vetro trasparente posti con ordine negli stipi, sorridono al tempo: cannellini bianchi appuntiti, topolini bicolore elak, moltiplicata granella e allegri diavolini per la guarnizione vivace di torte e struffoli di Natale. Alla parete e alla vista quasi sfugge, una pergamena della Camera del Commercio con su scritto “Medaglia d’oro, al merito, per aver mantenuto la tradizione artigianale”. La mansueta “Signora” raccolta nei gesti si schernisce, abbassa il capo e guarda le proprie mani, forti, lisce: sono quello, solo quelle, la sua unica e vera medaglia d’oro da vantare.

MARIA SERRITIELLO
IL BLOG DI SALERNO SU VIRGILIO
SEZ.GUESTBOOK

giovedì 13 ottobre 2011



LE DONNE DEL SESTO PIANO
FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO



Parigi anni ’60, Jean Louis Joubert, ingessato agente di cambio e disciplinato capo famiglia, trascorre una vita tranquilla, d’impronta borghese, dividendosi tra gli affetti familiari ed il lavoro. Abita fin dall’infanzia nello stesso edificio, senza averlo quasi mai abbandonato. Un giorno, però, la routine casa-lavoro, lavoro- casa, viene interrotta per aver assunto Maria, una nuova persona di servizio, di origine spagnola, al posto dell’anziana tata francese. La ragazza, finito il servizio, si ritira al sesto piano del palazzo, dove, nei miseri abbaini, oltre a lei vivono altre 5 inservienti, sue connazionali. Jan Louis, giorno dopo giorno, con timore ed innocenza, sviluppa una segreta passione per la giovane volitiva che gira per la casa. Senza allontanarsi dal palazzo in cui è nato, ma arrampicandosi fino al sesto piano, segue la sua passione, scopre una realtà del tutto diversa dalla sua, attraverso la conoscenza più approfondita delle sei donne, si libera degli stereotipi, che per più di mezzo secolo gli hanno segnato il passo e cambia vita.



Commento



L’impianto del film è semplice e lineare e i personaggi, che si muovono all’interno, seguono in maniera precisa una partitura scritta. Ogni gesto ripetitivo o noiosa mania concorrono a delineare con precisione i personaggi, ad esempio: l’uovo alla coque a colazione del signore che se la cottura è quella giusta, gli spiana la giornata in maniera positiva, negativa nel caso contrario, oppure gli impegni inconsistenti e vuoti della scialba padrona di casa, o anche l’alloggio arredato rigorosamente in stile e tenuto esasperatamente in ordine ed infine, Maria, la cameriera tenace e determinata e le sei donne, di diversa età, detentrici di folklore non invasivo. Il periodo storico sullo sfondo, quello della Spagna di Franco, che ha costretto a molte donne iberiche ad abbandonare la patria, per cercare lavoro in Francia, è tratteggiato con discrezione ed incoraggia la riflessione su come eravamo diversi, negli anni, non tantissimi, trascorsi. Proiettato fuori concorso al 61° Festival di Berlino “Le donne del sesto piano”, è un film garbato, esente da volgarità, che non si dilunga in estenuanti analisi sociologiche, ma srotola una piacevole commedia, a tratti perfino esilarante. Di stile made in France, il film, sicuramente, non avrà la strada spianata in Italia, per la proverbiale diffidenza nei confronti della cinematografia francese. A surclassare un solo uomo, il docile Jean, solo in apparenza, come riferimento, si riconosce l’inconfondibile stile di Pedro Almodovar e la presenza di tante donne, (Maria, Suzanne, Concepcion, Carmen, Teresa, Pilar, Colette), perfino la portiera è donna(! ) non fanno altro che aggiungere valore a ciò che si vedrà.



Gli Interpreti



Eppure Fabrice Luchini, il Jean Louis Joubert del film, dal portamento discreto di uomo qualunque di sessant’anni, uno che difficilmente cattura l’attenzione, dà un’impareggiabile prova di arte recitativa. Non è bello, non ha fascino, ha perfino piccole manie che lo connotano sia come persona che come agente di cambio, pur tuttavia ha un cuore, un muscolo che da tempo batte con svogliatezza. La metamorfosi a cui va incontro privo di riserve, ma piano, piano per covare il suo sentimento senza far prevalere l’istinto, è tutta sul suo viso, illuminato da sfaccettature espressive. Eccellenti quelle con cui sbircia “la bonne” nel bagno sotto la doccia, oppure quella con la quale, abbandonata l’austerità del suo ambiente, accennerà a passi di flamenco, contagiato dalle sei vivaci signore, o anche quella che gli resterà stampata sul viso, mentre mangerà, con qualche perplessità iniziale, “la paella” Bravo Luchini nel far emergere la simpatia e l’umanità del personaggio, ma tutti gli attori hanno caratterizzato bene, per cui il film risulta estremamente piacevole, da Sandrine Kiberlain, la scialba moglie di Jean Louis Joubert, a Natalia Verbeke (Maria), a Carmen Maura (Concepcion), a Lola Duenas (Carmen), a Berta Ojea(Dolores), a Nauria Solè (Teresa), a Concha Galan (Pilar) e a Marie-Armelle Deguy (Coletta de Bergeret)

Il Regista: Philippe Le Guay è nato a Parigi il 22 octobre 1956. Ha diretto il suo primo lungometraggio nel 1989 : Les Deux Fragonard. Altro suo film di buona fattura è il : Il costo della vita

Curiosità

Il regista Philippe Le Guay ha trasferito nel film i suoi ricordi infantili. Di famiglia agiata e nobile ha memoria delle abitudini delle bonnes che affollavano la sua dimora.

Il vero nome di Fabrice Luchini è Robert, nato a Parigi nel ’51, è figlio di un immigrato italiano, di nome Adelmo, originario di Assisi, che aveva un negozio di frutta e verdura, proprio in un quartiere popolare di Parigi. A 14 anni è assunto come apprendista da un coiffer pur dames ed è là che adotta il nome d’arte Fabrice che utilizzerà in seguito.





Spunti di riflessioni. Quale cambiamento nel rapporto tra padroni e domestici nella società attuale ?



Cast: Fabrice Luchini, Sandrine Kiberlain, Natalia Verbeke, Carmen Maura, Lola Dueñas, Berta Ojea, Nuria Solé, Concha Galán, Muriel Solvay, Marie-Armelle Deguy, Annie Mercier, Michele Gleizer



Regia : Philippe Le Guay



Giudizio

Distinto

Maria Serritiello
www.lapilli.eu

mercoledì 12 ottobre 2011

il mio giornale: IRAN, REGIME / 90 frustate alla protagonista donna...

il mio giornale: IRAN, REGIME / 90 frustate alla protagonista donna...: FONTE:UNONOTIZIE.IT Marzieh Vafamehr, volto semisconosciuto in Europa, ma molto conosciuto in Iran. Questa donna è stata frustata dal reg...

lunedì 10 ottobre 2011

venerdì 7 ottobre 2011



FONTE:WWW.LAPIILI.EU
SEZ PENDRIVE
A CURA DI MARIA SERRITIELLO


Lettera-poesia


A mio nipote Luigi



Tra i fogli bianchi, di un diario mai stilato, ne ho voluto aggiungere uno scritto. Un pezzo di carta su cui fissare un attimo di eternità della mia esistenza, descritto con la forza dell’emozione e alla maniera in cui è stato vissuto, semplice com’è la mia vita e pervasa di poesia, l’onda che riempie, ogni giorno, la mia anima. Poche parole per descrivere l’istante, forse anni per cercare di riviverlo, ma attimi così non ritornano.



Sono solo in casa, col mio nipotino Luigi, la sua vita è di appena 20 mesi, età in cui apprende molto e forse, poco, conserva i ricordi, se non ciò che gli torna utile per vivere. Così, sicuramente non ricorderà quest’ attimo, vissuto con me. Quando sarà grande e avrà desiderio o modo di rileggere questo mio scritto, potrà capire quanto amore ha profuso nella mia vita, per i 20 mesi della sua.



Sua madre (mia figlia) me lo ha affidato, in una delle rare volte in cui va dal parrucchiere, “Papà preparagli pure da mangiare”, si raccomanda.

6 ottobre 2011, ore 11,30, metto a bollire l’acqua nel pentolino già preparato sul fuoco, in un piatto mescolo due formaggini con un goccio di olio di oliva. Bolle, verso nell’acqua tre cucchiai di pastina, un pizzico di sale, provo e riprovo per seguire la cottura attentamente, scolo, mescolo il tutto nel piatto e gli do da mangiare. Oggi siamo fortunati, ha mangiato tutto. Luigi è seduto, agiatamente sulle mie gambe e appena ha finito di mangiare non scappa via, come accade di solito, anzi mi resta accucciato addosso e ogni tanto mi chiama"nonno" carezzandomi la barba. Con il dolce ingombro tra le braccia mi sposto dalla sedia al divano, pochi passi con lui sempre attaccato al collo. Mi sistemo, per stare comodo nella poltrona, allungo le gambe e distendo lui sul mio petto. Spontaneamente, allora attacco a cantare una ninna nanna, con parole inventate, gliela sussurro dolcemente, mentre carezzo le braccine incrociate e lentamente lui si assopisce. Dorme, profondamente Luigi, addirittura con un leggero russare e né si sveglia quando la madre ritorna.



Oggi, mio dolce, dolcissimo nipotino, ho ricevuto da te, anche se non lo sai e forse mai lo saprai, uno dei regali più belli che la vita mi abbia potuto donare: la tua fiducia, quella stessa che ha fatto affidare a me il tuo corpo indifeso e l’immensa gioia di vegliare il tuo sonno.



Ho pensato, che questo breve tempo con te, mi ha regalato due anni di vita e sicuramente, come ogni cosa unica, per quel momento, è valsa la pena di vivere.



Grazie, mio piccolo Luigi, del grande dono.



Il Nonno Giuseppe

giovedì 6 ottobre 2011

“Bailatango” all’Arcara di Cava dei Tirreni



FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

La serata “Bailatango” di venerdì 30 settembre, all’Arcara di Cava dei Tirreni, ha avuto come attrazione particolare, oltre ad un gustoso menù a base di pietanze argentine, bravi ballerini: Antonella e Fabiano e l’esibizione di speciali maestri di tango: Dina del Gaiso e Donato Marzano. Miguel Angel Zotto, uno dei tre più grandi ballerini di tango al mondo, ha detto della danza sensuale che, al momento, c'è spazio anche per l'improvvisazione per quante emnozioni suscita. Le considerazione del ballerino argentino cadono a proposito sulle figurazioni dei due eccezionali tangheri che hanno letteralmente affascinato i commensali con una perfetta esibizione. La serata dell’Arcara che ha miscelato musica e danza è proseguita con un appropriato recital di versi: “Al mio tanguero”, “Tango for”, “Sotto la pioggia” (Eugenio montale), “Tango” (Borges), “Rosa de tango” (Rubistein), recitati da Milva Carrozza. Ha presentato la serata Alfonso De Rosa. L’organizzazione è stata curata da: Marisa Annunziata.

Per saperne di più

Il tango nasce nell’Argentina come espressione popolare e successivamente diviene una forma artistica, che comprende musica, danza, testo e canzone, anche se è evidente che, sia nei suoi testi che nel suo carattere culturale, il tango è un elemento inscindibile con le realtà di Buenos Aires, Rosario e Montevideo e la sua periferia della seconda metà dell'800. Il tango utilizza per le sue esecuzioni uno strumento, forse inventato o forse popolarizzato dal musicista tedesco Heinrich Band, il bandoneon, uno strumento musicale diatonico simile alla fisarmonica o all'organetto. Essendo diatonico si ottengono note differenti con la stessa combinazione di tasti, a seconda che il mantice venga compresso o dilatato. Pur essendo una musica molto sincopata, non utilizza strumenti a percussione ed anche gli altri strumenti adoperati vengono suonati in modo del tutto particolare per dare forti accenti di battuta e segnature ritmiche.

I nomi dei maggiori compositori di musica a partire dai primi anni del Novecento fino all’età d’oro, quella degli anni '30 e '40, Anibal Troilo, Juan D’Arienzo, Carlos Di Sarli , Osvaldo Pugliese, Francisco De Caro, sono tutti figli d’italiani (gli argentini in generale sono figli d'immigranti, e l'urgenza di trovare una propria identità spinse il Tango alla sua comparsa non solo come semplice musica ma come un pensiero che si balla). Lo stesso compositore e direttore d'orchestra Astor Piazzolla aveva il padre pugliese.

Maria Serritiello
www.lapill.eu

domenica 2 ottobre 2011

A Salerno la seconda edizione di Lepidoptera nel mondo delle farfalle



FONTE :WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

Nel Giardino della Minerva di Salerno, l’orto botanico della Scuola Medica Salernitana, è ospitata, presso la sala Capasso, la seconda edizione del museo “Lepidoptera, nel mondo delle farfalle”, la mostra ideata e realizzata da Antonio Festa, inaugurata il 20 settembre scorso, sarà visitabile fino al 13 novembre.

Sessanta metri quadrati di esposizione di farfalle in teche, alternate ad eccezionali esemplari vivi, contenuti nella Butterfly House, una serra-voliera di circa 40 metri quadrati. I visitatori, saranno affascinati, come già per l’edizione 2010, da centinaia di esemplari conservati in scatole entomologiche con esaurienti didascalie a vista.

In mostra l’Ornithoptera alexandrae, cioè l’Ornitoptera della Regina Alessandra, un’ esposizione esclusiva, assoluta, mai mostrata prima, per la farfalla più bella e più rara del mondo. Ma altre meraviglie svolazzano dinanzi agli occhi stupiti del visitatore, come ad esempio l’“Idea leuconoe” delle Filippine, definita “Aquilone di carta” per la levità del suo volo, la Morpho peleides del Costa Rica, con le sue ali di uno sgargiante blu metallizzato, la Papiliopalinurus e le sue meravigliose ali screziate di verde smeraldo, la Caligo eurilochus, detta “Farfalla-civetta” per via dei grossi occhi disegnati sulle sue ali, in tutto uguali a quelli delle civette, l’Attacus atlas, che con i suoi 30 centimetri di apertura alare viene ritenuta a ragione la più grande farfalla esistente. Un mondo incantato e colorato, decine di farfalle che volano liberamente, mangiano si accoppiano con grazia, si posano sui fiori e sui visitatori indistintamente, questa è la mostra lepidoptera del giardino della Minerva. Un’ occasione per i visitatori di entrare nell’atmosfera lussureggiante delle foreste tropicali, di Asia, Africa e centro sud America, senza allontanarsi dalla città, nella quale vi è l’orto botanico più antico d’Europa.

Maria Serritiello



La mostra è aperta tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 13, escluso il lunedì.

Nel weekend l’orario è continuato, dalle ore nove alle ore 18.

Il costo d’ingresso è di euro 6.

Su richiesta disponibilità del servizio navetta.

info e prenotazioni: 089 252423

sabato 1 ottobre 2011

Al Museo “Città Creativa”di Ogliara (Sa) performance del fuoco del ceramista Nando Vassallo



FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

Finale incandescente, è il caso di dirlo, a chiusura della mostra “Nando Vassallo e gli artisti internazionali”, inaugurata il 20 maggio scorso e conclusasi il 25 settembre, al Museo “Città Creativa”di Ogliara (Sa). Il Museo, diretto con impegno e professionalità dalla Dott.ssa Gabriella Taddeo, ha ospitato al suo interno, oltre al Maestro Ferdinando Vassallo, anche Bernd Zimmer (Planegg-Monaco ), Achille Perilli (Roma 1927), Luigi Ontani, Michael Heindorff, Angelo Michele Risi, Mario Carotenuto e Carmine Limatola. Evidente è stato il successo della vetrina espositiva, per il numero di visitatori accorsi e che il Maestro Ferdinando Vassallo ha voluto suggellare con una sua performance, di rilievo internazionale, eseguita già a Belgrado: il “Cravon Fire”.



Il Cravon fire è una esibizione estremamente spettacolare e pirotecnica che vede l’artista far roteare intorno a sé dei carboni ardenti che in una piccola gabbia faranno cuocere per ossigenazione il manufatto ceramico.

Altra sua esibizione è il Free fire durante la quale l’artista costruisce un piccolo forno en plein air in pochissimo tempo ed effettua in altrettanto poco tempo la cottura.

Così, all’esterno del Museo e dinanzi ad un folto pubblico, interessato ed attento si è esibito Vassallo, impiegando energia e fatica, La sua performance è stata sottolineata dal suono di tamburi, che in maniera crescente e rituale hanno accompagnato l’esibizione. Presente al Cravon fire e a nome dell’amministrazione comunale, l’assessore all’urbanistica Mimmo De Chiara, .



Note biografiche.

Ferdinando Vassallo nato a Montcorvino Rovella (Sa), il 18 giugno del 1952, opera come ceramista fin dal 1973. Ancora diciottenne, alla prima esperienza di cottura ceramica, fabbrica un piccolo forno con 8 mattoni. Dopo una lunga attività che va dal ‘78 al 2002, come laboratorio Terraviva, fonda nel 2002 “La Fornace Chiaroscuro” con il socio Mario Codanti.

Performer di eccellenza realizza varie esibizioni pubbliche nel campo ceramico: il Free Fire, il Carton Fire e il Cravon Fire.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu

venerdì 30 settembre 2011

il mio giornale: Nanni Tamma. Profilo


Nanni Tamma (Bari, 9 giugno 1924) è un attore italiano.

Attore professionista di teatro, dopo un lungo apprendistato sui palcoscenici ed in programmi radiofonici (partecipava alla realizzazione del mitico programma radiofonico "La Caravella" della Sede Regionale delle Puglie e della Lucania - anche detta brevemente Radio Bari - negli anni 50-60), esordì sul grande schermo nel 1990 con In viaggio con Alberto di Aldo Giuffrè. In seguito riapparve in una decina di pellicole, tuttavia il ruolo a cui è tuttora indissolubilmente legato, resta quello del padre di Carlo Verdone in Viaggi di nozze, diretto da Verdone stesso nel 1995.

Nanni Tamma è impegnato da oltre 40 anni in Basilicata dove ha operato
principalmente nel settore teatrale. Personaggio amabile, dal facile approccio, ha maturato una vasta e variegata esperienza per tanti anni presso la Rai.


Indimenticabili le prestazioni radiofoniche e televisive da lui offerte in tanti anni di attività culturale. Ricordiamo, in particolare, la riuscita trasmissione “Il Lucaniere”, un appuntamento domenicale questo, imperniato sulle diverse tematiche cittadine, affrontate con garbata ironia, finalizzate alla risoluzione dei diversi problemi di carattere cittadino.

E' residente a Potenza da oltre 40 anni e inizia la sua carriera artistica nel 1941 in veste di comico, autore e coreografo con compagnie di avanspettacolo e rivista. Nel corso degli anni ha cambiato genere passando dalla rivista (con De Vico, Alfredo Rizzo, Elena Giusti, Anna Campori, Mario Carotenuto )al teatro di prosa, interpretando ruoli di primo attore nelle opere di De Filippo,Pirandello, Dario Fo.

Dopo quattordici anni di teatro collabora con la Rai come annunciatore, regista, autore, attore e programmista, realizzando numerosissimi programmi radio - televisivi.

Dopo essere stato in Rai per trent’anni, dove ha sviluppato una carriera fino a dirigente e Capo Struttura nella sede regionale per la Basilicata, ha ripreso a lavorare come attore e regista al cinema, in televisione ed in teatro.

Queste le produzioni cui ha partecipato nel Cinema:

“Viaggio con Alberto” di A. Giuffrè con Sergio Castellitto, Nino Manfredi e Jeanne Moreau (girato in Francia).

“Nel continente nero” di M. Risi con Diego Abatantuono (girato in Kenya)

“Dall’ altra parte del mondo” di A. Catinari, vincitore del premio De Sica nel 1992

“Viaggi di nozze” di e con Carlo Verdone, nel ruolo del padre interprete

“Giovani e belli” per la regia di Dino Risi

"I magi randagi” di Sergio Citti con Silvio Orlando, Gastone Moschin

“Del perduto amore” di Michele Placido con G. Mezzogiorno, F. Bentivoglio, E. Loverso, S. Rubini.


Televisione.In “Patto con la morte”,per la regia di G. Lepre, con Abatantuono, ha avuto il ruolo di un mafioso; programmato su Rai 2.

“Bellavita” di L. Pirandello, con la regia e l’interpretazione dello stesso Tamma, prodotto da Rai 3, programmato e replicato in rete nazionale. Primo premio al Festival del cinema di Salerno.


“Prima notte”, tratto da una novella di L. Pirandello, sceneggiatura, interpretazione e direzione dello stesso Tamma; prodotto da Rai 3 è stato programmato in rete nazionale.


“Le lettere dell’altro”. Commedia brillante ,interpretata e diretta da Nanni Tamma e prodotta da Rai 3.

“Il diavolo e l’ Acquasanta” di E. Oldoini.

Radio: ha realizzato come autore, regista e interprete, con attori quali Ivo Garrani, Regina Bianchi, Ida di Benedetto, Marina Malfatti e tanti altri ancora, migliaia di produzioni radiofoniche di tutti i generi (prosa, rivista, dirette di spettacoli) per Radio Uno ed altre reti.

È apparso ancora nel 2007 nella serie televisiva Il giudice Mastrangelo, di Salvatore Basile.

Filmografia ragionata

Il giudice Mastrangelo - (2007) - 1 episodio;
Le ragazze di Miss Italia - (2002);
C'era un cinese in coma - (2000);
Don Matteo - (2001) - 1 episodio;
I magi randagi - (1996);
Giovani e belli - (1996) - il vecchietto;
Viaggi di nozze - (1995) - il padre di Giovannino;
Nel continente nero - (1993) - il professore;
Dall'altra parte del mondo - (1992);
In viaggio con Alberto - (1990) - il nonno

martedì 27 settembre 2011



FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

Brindisi di Montagna (Pz) e la sua “Storia Bandita

Per apprezzare ciò che è “La storia Bandita”, lo spettacolo più bello di tutto il meridione e forse anche d’Italia, allestito nel parco della Grancia, a Brindisi di Montagna (Potenza), bisogna andare sul posto.

Il paese è a 14 km da Potenza, ha una popolazione di 917 abitanti, ed è arroccato su uno spuntone di roccia, alto 877 metri sul livello del mare, ma ha messo su una rappresentazione spettacolare, un “cine spettacolo”, giustamente così definito dall’annuncio che lo precede, senza paragone. La rappresentazione a cui assiste il pubblico è perfetta, sia per l’ambientazione naturale della verde foresta della Grancia, sia per gli scenari costruiti e sia per gli effetti speciali, vocali o musicali che siano.

I personaggi, una folla, seguono tutti una regia attenta, curata e meticolosa nei particolari che fanno grande lo spettacolo della “Storia Bandita”. Agli interpreti principali, prestano la loro voce attori del calibro di Michele Placido, Paolo Ferrari, Lina Sastri, Orso Maria Guerrini, mentre Lucio Dalla e Antonello Venditti, hanno speso il loro talento per il commento musicale.

Il doppiaggio, inoltre, si avvale, tra gli attori non famosi, ma appartenenti al territorio Lucano, di Nanni Tamma, conosciutissimo dirigente della Rai Basilicata, ma ancor più come appassionato attore, in gioventù ed ora anche provetto regista di filmati d’autore, un valore aggiunto a tutta la recitazione dell’ ineguagliabile rappresentazione.

Lo spettacolo inizia alle 21, dinanzi ad un anfiteatro affollato, 3000 posti a sedere, completo in ogni ordine di gradinata, ma prima di quell’ora, in altri punti del parco, si assistono a spettacoli rievocativi come la congiura dei “Baroni di Capaccio” o ad incredibili esibizioni come i voli dei falchi e delle aquile, rapaci ammaestrati dalla forza dell’uomo, ad eleganti tornei a cavallo, a straordinarie gare di arcieri, insomma alla Grancia si entra e si vivono le antiche feste rurali, che nulla hanno da spartire con i convulsi weekend cittadini, a cui quasi tutti ci assoggettiamo.

Ma entrare nel parco della Grancia significa anche godere dell’immenso spazio verde, attrezzato con punti di informazione, servizi igienici e luoghi di ristoro. Il cibo offerto è rigorosamente genuino, nessun wurstel per intenderci, solo salsiccia paesana, arrostita sulla brace. Il prezzo, contenuto, è per famiglie, tre euro in tutto per ogni pezzo di pane di pizza, cotto nel forno a legna e farcito con il gustoso companatico.

Vecchi suonatori di organetti riempiono l’aria di suoni, mentre buoi mansueti girano per tutta la foresta con in groppa festosi gitanti. Si mangia, si beve, si parla con chiunque, la socializzazione è spontanea, senza sovrastrutture. Così nella foresta della Grancia si scorge uno scorcio di natura benigna, che ricorda i dipinti del Giorgione o quelli del Monet e nell’immagine forte del costone roccioso, su cui è issato il castello del paese, si riconosce quella, più volte, dipinta nell’800, dagli artisti del grand tour, di passaggio nella terra lucana.

Intorno alle 21, con una luna esageratamente piena, sollevata sulla montagna, che sarà il fondale dello spettacolo, ha inizio la “Storia Bandita”.

La Trama

E' il racconto delle rivolte e delle insorgenze contadine meridionali, vissute attraverso le vicende tragiche della famiglia Crocco e del suo maggiore esponente: Carmine. Il risorgimento e il brigantaggio post-unitario vengono osservati con lo sguardo dei ceti più umili. “La Storia Bandita” è una trasposizione in chiave lirica ed epica del desiderio di riscatto di un popolo, contro l'arroganza e gli abusi del potere.

Chi era Carmine Crocco

Carmine Crocco, detto Donatello (Rionero in Vulture, 5 giugno1830 – Portoferraio, 18 giugno 1905), è stato un brigante italiano, tra i più noti e rappresentativi del periodo risorgimentale. Era il capo indiscusso delle bande del Vulture - Molfese, sebbene il suo controllo si estese anche ad alcune di Irpinia,Capitanata e Terra di Bari. Le sue scorribande si svolsero fino al Molise, alle zone di Avellino, Foggia, Bari e Lecce.

Nel giro di pochi anni, da umile bracciante divenne comandante di un esercito di duemila uomini, e la consistenza della sua armata fece della Basilicata il cuore della rivolta antisabauda. Guidato più dall'istinto che da veri e propri ideali, egli combatté prima nelle file di Giuseppe Garibaldi , poi con la resistenza borbonica e infine per sé stesso, distinguendosi da altri briganti del periodo per chiara e ordinata tattica bellica e imprevedibili azioni di guerriglia
In circa quattro anni di latitanza, Crocco fu uno dei più temuti e ricercati fuorilegge del periodo post-unitario, guadagnandosi appellativi come "Generale dei Briganti", "Generalissimo" e "Napoleone dei Briganti", e su di lui pendeva una taglia di 20.000 lire. Tuttora al centro di pareri discordanti, è considerato un bandito e carnefice per alcuni e un eroe popolare per altri, soprattutto per i sostenitori della tesi revisionista del Risorgimento.

I Numeri dello spettacolo

Dieci anni di rappresentazione, 400 comparse impiegate per ininterrotte repliche, da giugno a settembre. Sei aree attrezzate per le rappresentazioni artistiche, 35 danzatori, 18 cavalieri, 20 cavalli, 500 costumi, 400 volontari che si muovono all’interno di un format artistico di livello internazionale.

Per illuminare la scena sono utilizzati due gruppi elettrogeni di oltre 1000 kv e 45 km di cavi elettrici, per la luce si impiegano 600 proiettori, l’area scenica è di 25.000 mq, il tutto arricchito con effetti speciali come schermi d'acqua, grandi proiezioni sulla montagna ed effetti pirotecnici.

Dal 2000 al 2006 ha raggiunto un totale di 200.000 spettatori

La realizzazione è stata curata da Jean-François Touillard (direttore artistico) e Victor Rambaldi (regia di scena), Carmelina Iannelli (coreografie), Gerardo Viggiani (scenografie e costumi).La colonna musicale è firmata da importanti artisti come Antonello Venditti, Lucio Dalla, Eddy Napoli, Luciano Di Giandomenico. I testi sono di Gianpiero Perri e Oreste Lo Pomo. Consulente storico Tommaso Pedio.

Un grande spettacolo, rappresentato proprio in un piccolo paese della Basilicata, senza il quale, Brindisi di Montagna, sarebbe sconosciuto ai più, uno spettacolo che non può non colpire, fino alla commozione, perché nella rappresentazione c’è la storia della nostra gente, la nostra radice. Tutti veniamo, piaccia o no, da una “storia bandita”, nord e sud senza distinzione.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu




giovedì 22 settembre 2011

A San Mango Piemonte (Sa) “GustAnnurca” dal 2 al 15 ottobre



FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

Non è improbabile che a tentare Adamo sia stata la mela annurca, data la sua gustosa bontà. L’ipotesi formulata ha il suo fascino ma è spudoratamente fantasiosa, ciò che invece non è inverosimile è lo squisito sapore dell’unica mela originaria dell’Italia meridionale e precisamente della Campania. Le si riconosce dal colore uniformemente rosso al momento del consumo, ma prima, alla raccolta, per completare la maturazione, hanno bisogno di un periodo di arrossamento, durante il quale vengono poste nei "melai", i graticci di paglia e disposte su file per esporre la parte meno arrossata alla luce. Il nome Annurca lo si fa derivare da “Mala Orcula”in quanto prodotta intorno all'Orco, ovvero al lago d’Averno, nell'area di Pozzuoli. Nel tempo la mela sarebbe stata detta prima “anorcola” e poi “annorcola”. La prima testimonianza scritta del nome "Annurca" risale solo al 1876, nel "Manuale di Arboricoltura" di Giuseppe Antonio Pasquale, tuttavia pare molto più verosimile la derivazione dal latino “indulcare” che farebbe riferimento alla suddetta tipica modalità di maturazione.

Per celebrare la “Signora Mela”del meridione, San Mango Piemonte, il comune della provincia di Salerno, le dedica 15 giorni di festa, dal 2 al 15 ottobre prossimo. Organizzata dalla pro loco, la Festa della Mela Annurca ha il preciso scopo di far conoscere al vasto pubblico dei consumatori, il delizioso frutto ma anche esaltarne le sue proprietà gastronomiche e nutritive. 15 giorni di festa per la prima manifestazione di “GustAnnurca”, che prevede il concorso gastronomico nel quale uomini e donne di tutte le età, cuochi provetti e quelli improvvisati per passione, sono chiamati a mettere alla prova le proprie abilità culinarie e la propria creatività, preparando piatti i più diversi e gustosi che abbiano come ingrediente principale la mela annurca.



Una giuria tecnica di esperti del settore insieme a una giuria popolare decreterà, alla fine della manifestazione, il vincitore a cui spetterà in premio, un week end relax, presso una struttura turistica locale, mentre a tutti i concorrenti sarà rilasciato un attestato di partecipazione.



Le iscrizioni, alla particolare gara, sono aperte fino al giorno 25 settembre



Per saperne di più sull’Annurca



La raccolta dei frutti inizia mediamente intorno alla metà di settembre quando le mele mature iniziano a cadere ma devono ancora terminare la maturazione, esposte al sole per 10-15 giorni, durante i quali sono poste su paglia e girate a mano frequentemente



Viene prodotta principalmente nel beneventano (Valle Caudina, Telese), nel napoletano (Giugliano, Quarto), nel salernitano (San Mango Piemonte) e nel casertano (Pastorano, Maddalone, Valle di Maddaloni, Sessa Aurunca, Agro Caleno e Aversa).



La storia millenaria che lega la melannurca al territorio le ha permesso di acquisire la denominazione di Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) “Melannurca Campana” riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 2081/92, con Regolamento (CE) n. 417/2006 (pubblicato sulla GUCE n. L 72 dell’11 marzo 2006).

Maria Serritiello

lunedì 29 agosto 2011


LA SPIAGGIA PERUTA
DI MARIA SERRITIELLO

FONTE:IL BLOG SI SALERNO SU VIRGILIO


La spiaggia perduta (di Maria Serritiello)
'Quando nel 1970 iniziarono i lavori per la costruzione dell’attuale porto commerciale, sfrattando le incantevoli spiagge esistenti, gran parte dei salernitani pensò di non avere più il mare.
Eppure, nella parte orientale, proseguendo oltre Piazza della Concordia, c’era già la “La Conchiglia”, la spiaggia libera del “Torrione”, la “Caravella” e sul posto, dal 1936 presente, il tradizionale quanto signorile “Lido” di Mercatello, ma non era la stessa cosa.
Si considerò, caricando la preoccupazione, che quella pur lunga striscia di spiaggia non avrebbe mai riunito tutti i bagnanti in cerca di nuovo spazio.
Mare aperto e inquieto, mare forse più vero, da quel giorno, senza più il sicuro budello dei lidi e il lungo braccio del porto a delimitare; costretti, per toccare l’acqua ad attraversare tutta la città, vestiti con la sobrietà del chi si reca in ufficio e con l’operatività della città mai distratta. Escluso dall’immediato contatto salato, il vecchio nucleo storico, si addormentò, smarrendo tra le sue pieghe, i corpi cotti dal sole, i richiami dalle voci cantilenanti, il profumo salmastro, covato nei vicoli ombrosi e l’umido attaccaticcio dei giorni di scirocco. Il mare, nella città percorsa a piedi, si allontanava emancipato, per stendersi libero, per non appartenerci più.
Ma quando i bagni si prendevano al “Porto”, ora sempre più propriamente detto “Via Ligea” dall’intrigo dei vicoli, affollato il via vai, festoso e colorato si faceva strada profumato all’olio di noce. L’unica via, passato il palazzo del Genio Civile, si riscaldava con la risacca marina ed il rumore degli zoccoli, di legno duro, strusciato a terra come le reti dei pescatori. Dalle finestre, erose lentamente dal sale, le case accostate alla roccia, respiravano spalancate, odorosa e salmastra, la brezza del mare, quel mare annusato forte tra i guizzi dei pesci pescati e mostrati, poi, nella palazzina bianca del mercato, elegante ancor oggi, rispetto alla disinvolta decadenza di tutto il resto. Con la velocità consentita dai fili, tesi e sollevati, il numero “2”, la popolare filovia, verde scuro, che collegava i punti estremi della città, passava libero, sfiatava i freni e distrattamente sganciava il trolley, senza che nessuno suonasse dietro spazientito.
Cento lire, il costo del biglietto per l’andata ed il ritorno, quanto il prezzo del gelato a limone, rinchiuso fresco nel carrettino giallo del gelataio ambulante e se la tentazione, a volte, portava a leccare il gusto ghiacciato, altro non restava che farsela a piedi.
Ma tant’è si era felici!
La camminata lenta, con gli amici, sempre tanti, rendeva possibile la discussione, il comune sentire mentre a lato e davanti a passi tamburellati scorrevano vivaci: il “1° Elisa”, “Il Principe di Napoli”, “Il Tritone”, “Il Santa Lucia”, “Il 2° Elisa”, “Il Lido” (già Risorgimento), “L’Arenella”, “Il Lido” (propriamente detto), “Il Savoia”, “Le Marinelle”, “L’Arcobaleno”, “Scoglio 24” e “Punta di Mare”.
Un patrimonio ambientale di spiagge, le più belle, curate con amore e tradizione da famiglie come Porpora, Nigro, Ventura, Pizzolorusso, Olivieri, tra le altre; una sensoriale ricchezza inutilmente persa da tutti noi!
E’ lì che, discosto, abitava il mare, senza mescolarsi alla discarica cittadina, lì la soffice sonorità, ripresa alla riva , dolcemente era spinta in mezzo al mare con le voci dei tranquilli bagnanti, ovattate e ascoltate come già in una conchiglia. Il tempo stemperato nell’acqua e impastato nella rena, entrava nella dimensione lenta dell’ozio, dove, assente la fatica, anche il treno, sollevato sul ponte della ferrovia, sfilava rallentato col suo carico affacciato ai finestrini e le mani movimentate dal saluto, appariva distante e sfumato nel vapore della calura. Laggiù per tutti, c’era l’invito dell’estate. E l’amore, quanti amori sulle spiagge ordinate, ammorbiditi sugli scogli ricoperti di alghe ricce, sfuggiti al controllo nelle veloci “scappavie”, noleggiate ad ora, rinfrescati nella grotta del “fico”, dove la sorgente ghiaccia calmava l’arsura del sole, il pizzicorio della salsedine e dove il bacio sapeva acquistare il sapore della leccornia.
“….ti voglio cullare, cullare, posandoti sull’onda del mare, del mare….” dai primi jukebox, Nico Fidenco a fare da colonna sonora, a sottolineare con note accattivanti, irripetibili momenti giovanili.
A volte la giornata a mare era più lunga delle solite ore “13” tutti a tavola ed ecco che ad una certa ora la via si affollava di commisti odori, sparsi da ruoti di alluminio lucido e protetti da fazzolettoni a quadri rossi e blu. Per la spensierata, giovane covata, mamme, nonne, zie sempre disponibili alla cucina sui carboni, portavano a mano golosità fatte di “pasta imbottita”, “melanzane alla parmigiana” , “zucchine alla scapece”, “peperoni ripieni” e l’immancabile “insalata di pomodori”, generosamente odorosa di basilico.
E allora non sarà un caso, se molti di quei giovani di “ieri” senza rassegnazione, ancora oggi vanno al “Porto” a prendersi il bagno, con lo sguardo lungo della memoria e l’affezione del cuore, vanno a ritrovare la spiaggia perduta, irrimediabilmente perduta, ormai, tra le scatole quadrate color ruggine degli utili containers ed il brillio zampillante della fontana, in verità la più bella, di quelle che prolificano in città.

Maria Serritiello
GUESTBOOK -BLOG DI SALERNO SU VIRGILIO