Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





venerdì 30 ottobre 2009




STO PER PARTIRE PER SARAGOZZA MA CHI RESTA PUO'SEGUIRMI NEL VIAGGIO !!!


Saragozza (in spagnolo Zaragoza) è una città di 682.283 abitanti[1] della Spagna, capoluogo della regione Aragona e della provincia e comarca omonime. È la quinta città spagnola per numero di abitanti e la quarta per sviluppo economico.

È posta nella zona nord-orientale della Spagna, a circa 300 km da Madrid, Barcellona, Bilbao, Valencia e Tolosa, per cui si trova al centro di un importante nodo di comunicazioni.

È affacciata sulla riva destra dell'Ebro e al centro di una vasta depressione, un tempo desertica, ma ora abbastanza fertile grazie ad alcune canalizzazioni d'irrigazione che suppliscono alla scarsa piovosità della zona, una delle più basse della Spagna con una media di 323 mm di pioggia all'anno. È sede arcivescovile e universitaria.

Fondata come colonia nel (25 a.C.) dall'imperatore Cesare Augusto con il nome di Caesaraugusta, costituita nei pressi di un insediamento degli Iberi (Salduie). Fu uno dei centri più importanti della Hispania Tarraconensis, una delle tre (poi quattro) Province in cui i Romani divisero la Spagna. Alla caduta dell'Impero romano d'Occidente fu occupata dai Visigoti. Fu tra le prime città spagnole a convertirsi al Cristianesimo e nel 713 venne conquistata dagli Arabi che la fecero capitale (Saraqusta) di un principato rivale di Cordoba, Toledo e Merida. Fu riconquistata nel 1118 dai cristiani, ebbe un periodo di grande prosperità divenendo capitale del Regno d'Aragona. Durante la guerra napoleonica sostenne due assedi da parte delle truppe francesi nel 1808 e 1809.

Fra i monumenti più importanti di Saragozza si possono citare il Foro romano, la Cattedrale del Santissimo Salvatore, detta La Seo (XII - XVI secolo), il Castillo de la Aljafería (VIII secolo), cittadella saracena (storicamente impiegata anche come residenza reale del regno di Aragona) e poi sede dell'Inquisizione, la Torre del Trovador, torre del mitico personaggio raccontato da García Gutiérrez nel 1836 e immortalato da Giuseppe Verdi nell'opera lirica "Il trovatore", la basilica di Nostra Signora del Pilar, uno dei più famosi santuari di Spagna ritenuta la più antica chiesa mariana della cristianità fondata, secondo la tradizione, da Giacomo il Maggiore dopo che Maria madre di Gesù, ancora vivente a Gerusalemme, gli era apparsa non in spirito ma nel suo corpo, seduta su un pilastro (pilar). L'attuale chiesa è un edificio di proporzioni gigantesche dotato di grande cupola centrale, altre dieci cupole minori e quattro campanili; fu eretta a partire dal 1681 su progetto di Francisco Herrera il giovane. All'interno cappelle e volte decorate da affreschi di noti artisti, di marmi, bronzi e argenti e nella Santa capilla, cappella barocca a forma di tempietto ellittico, la piccola statua lignea della Madonna del XIV secolo vestita di paramenti preziosi posta su una colonna di alabastro.

Tradizionalmente in onore della Madonna del Pilar si celebrano grandi feste dall'11 al 18 ottobre, in cui si balla l'antichissima "jota" danza sacra e popolare.
Ha sede a Saragozza anche una università storica, fondata nel 1474.


mercoledì 28 ottobre 2009




HO SEMPRE L'ABITUDINE DI DATARE I MIEI LIBRI, OLTRE CHE SOTTOLINEARE I PEZZI CHE CONDIVIDO E FIRMARLI CON IL MIO NOME. MANIA DI LETTRICE!AH ,DIMENTICAVO,NON LI PRESTO A NESSUNO E DEVO ESSERE IO PER PRIMA A SFOGLIARLI. 4-10-2004 E'LA DATA CHE PORTA QUESTO LIBRO CHE QUI EVIDENZIO.

Torna alla luce, dopo settant'anni dalla prima pubblicazione, il capolavoro della scrittrice francese Marcelle Sauvageot: "Lasciami sola".
di Francesca di Mattia

Lasciami sola non è solo il titolo di un libro, ma una frase in cui è racchiuso un urlo forte e rassegnato, dignitoso e ribelle: quello pronunciato da una donna prossima alla morte, chiusa in un sanatorio, dopo aver ricevuto una lettera dall’uomo che ama, e che ha deciso di sposare un’altra.
Un grido universale che risuona in tutti gli angoli della terra, e che proviene da un tempo lontano, da più di settant'anni

Una “perla” persa e poi ritrovata, pubblicata in Francia nel 1933, ristampata più volte ma poi caduta nell’oblio e assente anche per lunghi periodi dal mercato editoriale - nonostante la buona accoglienza da parte della critica dell’epoca -, e tradotta in Italia solo quest’anno grazie alla casa editrice Guanda.

L’autrice è Marcelle Sauvageot, un nome che non dice nulla a noi italiani, e da poco conosciuto in Francia, ora che il suo libro ha ritrovato dopo anni la popolarità che merita.

Una donna nata a Charleville nel 1900 e morta di tubercolosi a Davos nel 1934. Di lei si sa che amava la musica, la danza e i piaceri della vita, che era attirata dai surrealisti nonostante non avesse mai aderito ufficialmente al movimento; che passò gli ultimi anni della sua vita a Parigi, lavorando come insegnante, e che in seguito, dopo essersi ammalata, fu costretta a vivere per molto tempo in sanatorio

Lasciami sola è il suo unico libro, scritto nel 1930 e conservato a lungo in un cassetto. Non lo si può certo definire un romanzo, ma piuttosto - come viene spiegato nell’introduzione dall’editore francese - un commentaire (titolo originale dell’opera, peraltro), “il grido di un’anima ferita in cerca di guarigione e di una solitudine esigente

E’ con queste parole, di grande intensità, che la donna reagisce alla notizia: «"Mi sposo... La nostra amicizia continuerà..." Non so cosa sia successo. Sono rimasta immobile e la camera ha cominciato a girarmi intorno. Sul fianco, dove ho male, forse un po' più in basso, ho sentito come se mi tagliassero la carne con un coltello affilatissimo... Quando non si conosce un dolore, si ha più forza per fronteggiarlo, perché si ignora la sua portata: si vede solo la lotta e si spera che più avanti arrivi un momento migliore. Ma quando lo si conosce, viene voglia di alzare le mani per chiedere grazia ed esclamare, esausti e increduli: "Ancora?" Già si prevedono tutte le fasi della sofferenza che si dovranno attraversare e si sa che dopo ci sarà solo il vuoto».

Alla lettera dell’uomo che la “lascia” offrendole solo la sua amicizia, la Sauvageot non risponde, “commenta”. Riflette e s'interroga sui rapporti tra uomo e donna, l’egoismo, l’accettazione dell’altro, il giudizio, la morte. Ed è lei che chiede di essere lasciata sola. Risponde a sé stessa, rimette in discussione gli interstizi più intimi e oscuri di sé, compie un viaggio nel deserto, facendo emergere un dolore e un amore assoluti e autentici, con un linguaggio lucido, asciutto e struggente, senza alcuna concessione al vittimismo

Esprime le sue perplessità sulla predestinazione dell’amore: “Credo che la leggenda, come tutte, non sia altro che una consolazione poetica. L’uomo per cui è fatta una donna non è forse quello per cui accetta di esserlo?”.
E ancora, sulle ragioni da lui addotte per chiudere la relazione, afferma: “Sei come uno che, credendosi a corto d’argomenti (dal momento che quanto ha detto è chiaro, definitivo, indiscutibile), si rivolge al proprio interlocutore, lo fissa, fa appello ai suoi grandi sentimenti e accetta di apparire privo di logica purché non ci si opponga a quello che dice. Salvo poi ribaltare le cose e dirsi logico

Lasciami sola non ebbe successo di pubblico, quando uscì per la prima volta in Francia, ma colpì l’attenzione di grandi intellettuali e artisti, tra cui Paul Valéry (“Un’opera d’armonia e di contrappunto, in cui ogni tema ha la sua risposta”), Paul Claudel ("Saremmo tentati di definirlo uno dei capolavori della scrittura femminile, se non fosse sconveniente introdurre una categoria letteraria in questa confessione, che dà prova di una lucidissima e straziata dignità") e Clara Malraux, che lo definì “il primo libro femminista

COME TUTTE LE COSE BELLE O SONO POCO CONOSCIUTE, O DEL TUTTO IGNORATE.IO TI CONOSCO MARCELLE,SONO FELICE DI AVER INCONTRATO IL TUO ANIMO E IL TUO DOLORE, CHE, COSì COME L'HAI PROVATO TU, E' UNIVERSALE.OGNUNO DI NOI SI RICONOSCE,PER QUESTO SEI TRA LE GRANDI DELLA LETTERATURA. ADDIO ALLA TUA DOLENZA E CIAO ALLA TUA ANIMA,CI RITROVEREMO ANCORA!

domenica 25 ottobre 2009




Le ombre della sera
indifferenti
s’appoggiano
sul cuore fragile e solitario,
sui progetti che avanzano delusi,
sulle promesse confessate vane
e sulle bugie riverniciate.
Le ombre della sera
nascondono
ma nulla cambiano,
e così all’improvviso,
il sorriso
muta in pianto.
Maria Serritiello
25-10-2009

sabato 24 ottobre 2009





« Quando ero piccolo sapevo dipingere come Raffaello, mi ci è voluta però una vita intera
per imparare a disegnare come un bambino (con la sua libertà creativa) »
(P. Picasso)
Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Mártir Patricio Clito Ruiz y Picasso[1] (Málaga, 25 ottobre 1881 – Mougins, 8 aprile 1973) è stato un pittore spagnolo di fama mondiale, è considerato uno dei maestri della pittura del XX secolo. Usava dire agli amici di considerarsi «anche un poeta». Picasso è figlio di María Picasso López e di José Ruiz Blasco, anch'egli pittore ed insegnante

Pablo Picasso nacque a Málaga nel 1881, in Spagna, primogenito di José Ruiz y Blasco e María Picasso y López che aveva ascendenze, in parte, italiane (il bisnonno materno, Tommaso, lasciò il comune ligure di Sori per stabilirsi a Malaga). Il padre di Picasso, José Ruiz, era un pittore specializzato nella rappresentazione naturalistica (soprattutto degli uccelli), in vita fu professore presso la locale scuola di belle arti e curatore di un museo. Il giovane Picasso manifestò sin da piccolo passione e talento per il disegno; secondo la madre la prima parola da lui pronunciata fu "piz", abbreviazione dello spagnolo lapiz, "matita"[2]. Fu il padre ad impartire a Picasso le basi formali dell'arte figurativa, quali il disegno e la pittura a olio. Picasso non completò i corsi superiori all'Accademia di San Fernando di Madrid, lasciando l'istituto entro il primo anno di studi.

Nei primi anni del XX secolo, a Parigi, il giovane Picasso iniziò una lunga relazione affettiva con Fernande Olivier. È lei che appare ritratta in molti dei quadri del "periodo rosa". Fu lasciata per Marcelle Humbert, che Picasso chiamava Eva, inserendo dichiarazioni d'amore per lei in molti dei suoi quadri cubisti. Picasso frequentava i quartieri di Montmartre[3] e Montparnasse, annoverando tra le sue amicizie André Breton, Guillaume Apollinaire e la scrittrice Gertrude Stein

Durante la seconda guerra mondiale Picasso rimase nella Parigi occupata dai tedeschi. Il regime nazista disapprovava il suo stile, pertanto non gli fu permesso di esporre. Riuscì inoltre a evitare il divieto di realizzare sculture in bronzo, imposto dai nazisti per economizzare il metallo. Uno dei più famosi lavori di Picasso è "Guernica", tela dedicata al bombardamento della cittadina basca di Guernica ad opera dei tedeschi, in cui sono rappresentate la disumanità, la brutalità e la disperazione della guerra. Quello di Guernica fu infatti il primo bombardamento aereo contro una popolazione civile inerme che la storia ricordi.

Sposato due volte, ha avuto quattro figli da tre donne diverse e numerose relazioni extra-coniugali

Il lavoro di Picasso è spesso categorizzato in "periodi". Benché i nomi dei periodi più recenti siano oggetto di discussione, quelli più comunemente accettati sono il "periodo blu" (1901-1904), il "periodo rosa" (1905-1907), il "periodo africano" (1908-1909), il "cubismo analitico" (1909-1912), il "cubismo sintetico" (1912-1919


Pablo Picasso morì per un attacco di cuore l'8 aprile 1973 a Mougins, in Provenza, dove aveva fatto erigere la propria residenza. Alcune biografie accennano al fatto che Picasso prima di morire abbia pronunciato il nome del suo presunto rivale: Amedeo Modigliani

venerdì 23 ottobre 2009




IL 22 OTTOBRE 1941 ESCE IL FILM D'ANIMAZIONE DUMBO DI WALT DISNEY

Presentato in concorso al 2° Festival di Cannes, vinse il Grand Prix du Festival come miglior film d'animazione. È considerato il 4° classico Disney secondo il canone ufficiale.
Dumbo fu il risultato di una precisa volontà del Disney Studio di realizzare un lungometraggio semplice e senza il colossale dispiego di mezzi che aveva caratterizzato i lavori precedenti (Biancaneve e i sette nani, Pinocchio e Fantasia), anche a causa dell'iniziale fiasco (in proporzione ai mezzi impiegati) del precedente film Fantasia, ed è oggi considerato uno dei suoi film più belli.

Il protagonista è Dumbo jr., un elefantino che viene subito e indelicatamente soprannominato Dumbo (dall'inglese dumb, stupido ma anche muto). Viene preso in giro per le sue grandi orecchie, ma presto scoprirà che grazie ad esse è in grado di volare usandole come ali. Il suo unico amico è il topo Timoteo, un colpo di genio che è anche una parodia della stereotipata avversione degli elefanti per i topi; egli cercherà di rendere una star il povero elefantino

Al successo in Italia della prima versione contribuirono anche le canzoni della colonna sonora, ai cui cori partecipò anche il Quartetto Cetra

« Ne ho vedute tante da raccontar
giammai gli elefanti volar! »
(I corvi di Dumbo - Quando ho visto un elefante volar, dalla colonna sonora del film, Oscar nel 1942.)

Per il doppiaggio dei cori del film avvenuto nel 1948 i suoi componenti ricevettero una lettera autografa di congratulazioni da parte dello stesso Walt Disney.

giovedì 22 ottobre 2009




Catherine Deneuve - pseudonimo di Catherine Fabienne Dorléac - (Parigi, 22 ottobre 1943) è un'attrice francese e ambasciatrice dell'UNESCO

Figlia dell'attore Maurice Dorléac e di Renée Deneuve, ha debuttato nel cinema ancora adolescente nel 1956, nel film Le collegiali. Anche sua sorella maggiore, Françoise Dorléac, era un'attrice famosa, prima di perdere la vita in un incidente d'auto.
Il successo le arrivò con il musical di Jacques Demy Les Parapluies de Cherbourg del 1964 e quindi con Repulsion di Roman Polanski (1965) ed il tardo-surrealista Bella di giorno di Luis Buñuel, nel 1967. Questa interpretazione è elencata nelle 100 miglior interpretazioni di tutti i tempi secondo il Premiere Magazine
Ha vinto il César come migliore attrice due volte: nel 1981 per la sua interpretazione in L'ultimo metrò di François Truffaut e nel 1992 con Indocina, parte che le valse nel medesimo anno anche la candidatura all'Oscar come miglior attrice non protagonista
Tra le sue interpretazioni comiche è da citare quella accanto a Marcello Mastroianni in Niente di grave... suo marito è incinto
Ambasciatrice dell'UNESCO, è madre di due figli, Christian Vadim, nato nel 1963 dalla sua relazione con il regista Roger Vadim e Chiara Mastroianni, nata nel 1972 dalla sua relazione pluriennale con l'attore italiano Marcello Mastroianni. È stata sposata una sola volta, dal 1965 al 1972, con il fotografo britannico David Bailey
Catherine Deneuve nel 1998 è stata protagonista del video della canzone N'Oubliez Jamais di Joe Cocker
Inoltre è stata scelta come presidente della giuria della 63a Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2006).
Nel 2008, secondo i critici, era una delle possibili vincitrici del premio a miglior attrice al Festival di Cannes per Racconto di Natale, premio che successivamente non vinse.
È considerata come una delle più grandi attrici francesi.

Nel 2008, secondo i critici, era una delle possibili vincitrici del premio a miglior attrice al Festival di Cannes per Racconto di Natale, premio che successivamente non vinse. È considerata come una delle più grandi attrici francesi.

lunedì 19 ottobre 2009



Luca della Robbia (Firenze,20- ottobre- 1435 – Firenze, 1481)

E' stato uno scultore, ceramista e orafo italiano

Fu una artista legato al classicismo più puro, caratterizzato da uno stile di grande rigore formale e grande cura nelle rifiniture e i dettagli. Oggi è soprattutto noto per aver perfezionato la tecnica della terracotta invetriata, dando l'avvio a una produzione che riscosse un grandissimo successo per la commistione tra pittura e scultura e per la straordinaria resistenza nel tempo agli agenti atmosferici. Le sue opere, come le raffinate Madonne, i ritratti sotto forma di busti e le scene sacre, hanno spesso la bellezza e la forza espressiva delle opere contemporanee di altri grandi artisti come Donatello, Verrocchio e Filippo Lippi.

Era nipote di Luca della Robbia, ovvero figlio di suo fratello Marco, fu come lui specializzato nella tecnica della ceramica policroma invetriata, inventata proprio da suo zio.

Portò a grandissima diffusione l'arte della terracotta invetriata diventando il capobottega dell'officina ereditata da suo zio. A differenza del famoso predecessore, non era però propriamente uno scultore e si ispirò più alla pittura contemporanea che alla scultura. Le sue opere, spesso in bicromia bianco/blu, sono sparse nelle chiese e nei palazzi di tutta la Toscana ed in Umbria. Fra quelle più riuscite vi sono le grandi tavole nel Santuario della Verna, oppure la lunetta coi Santi Francesco e Domenico nella loggia di San Paolo a Firenze. Sue sono anche le belle lunette con i bambini che coronano armoniosamente le arcate dello Spedale degli Innocenti. Al Museo del Bargello di Firenze si conservano numerose sua opere, tra cui un Ritratto di fanciulla.

Una sua opera è custodita presso la chiesa di Santa Maria di Gesù a Trapani detta Madonna degli Angeli e commissionata dalla famiglia Staiti. Una grandissima pala (320x230 cm) della Natività (1487) si trova a Militello in Val di Catania presso il Santuario di Santa Maria della Stella.

Alcune sue opere o di bottega sono custodite alla Pinacoteca Comunale di Città di Castello, tra cui un'Assunzione della Vergine di notevoli dimensioni.

Rispetto al suo predecessore il suo stile è più idealizzato e, forse, meno sperimentale.

Ebbe cinque fratelli e tre figli, fra i quali il più talentuoso Giovanni della Robbia proseguì con successo l'attività della bottega di famiglia.








Vasco Pratolini (Firenze, 19 ottobre 1913 – Roma, 12 gennaio 1991)

Scrittore italiano.

Pratolini ha svolto diversi mestieri, tra cui tipografo, venditore ambulante, barista, ed è stato un autodidatta. Grazie ad Elio Vittorini prende contatti con il mondo letterario e pubblica i suoi primi scritti nel 1937 su Letteratura. Durante gli anni universitari è come tutti iscritto ai GUF e partecipa ai Littoriali della cultura e dell'arte. Nel 1938 fondò con Alfonso Gatto la rivista Campo di Marte. Partecipa poi attivamente alla Resistenza. Dopo la guerra, nel dicembre 1945, si trasferisce a Napoli, dove vive sino al 1951; insegna all'Accademia di Belle Arti e intanto scrive Cronache di poveri amanti (1947), Un eroe del nostro tempo (1949), Le ragazze di San Frediano (1949). Negli stessi anni lavora come giornalista e collabora alla sceneggiatura di alcuni famosi film: Paisà di Roberto Rossellini, Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy
Tra le opere più importanti: Cronaca familiare (1947), Cronache di poveri amanti (1947), Metello (1955).

In Cronaca Familiare Pratolini descrive le vicende affettive tra sé e il fratello. I due vengono separati molto piccoli, e quest'ultimo è allevato da un maggiordomo, che gli inculca un'educazione molto severa e lo tratta con distacco, pur volendogli bene. I due si ritrovano dopo alcuni anni e rimangono legati da un profondo affetto. Nel libro ha una parte preponderante la descrizione dei rapporti affettivi dell'autore con il fratello e altri suoi famigliari. Si mescola autobiografia e trasfigurazione letteraria delle vicende.

Metello racconta la storia di Metello Salani, un orfano allevato da contadini che si trasferisce a Firenze per trovare lavoro. Partecipa a degli scioperi e al movimento socialista. In parallelo si sviluppano le vicende affettive del protagonista che finirà per sposare Ersilia. Cronache di poveri amanti è un romanzo ambientato quasi interamente in Via del Corno. In esso l'autore sviluppa le vicende d'amore che coinvolgono i ragazzi più giovani della via, ma non trascura nemmeno quelle dei residenti più adulti. Sullo sfondo si apre lo scenario della Firenze nei primi anni del fascismo, una città in lotta per l'affermazione di valori contrastanti. Come in quasi tutti gli altri romanzi di Pratolini la questione storica è posta come ambientazione di avvenimenti più frivoli, ma consente al lettore di entrare in contatto con un periodo ormai trascorso, conoscendolo intensamente.

Un eroe del nostro tempo narra le vicende di una vedova costretta a trasferirsi in una via di Firenze in cui non conosce nessuno e dove fatica ad inserirsi: ella ha sempre avuto al suo fianco persone dal carattere forte (prima il padre e poi il marito) le quali le hanno sempre consigliato di diffidare dagli sconosciuto soprattutto se questi ultimi non appartengono ad un determinato partito politico, quello fascista. La donna vive così le sue prime settimane segregata nella sua nuova abitazione, senza parlare con nessuno. Le sottili mura del suo appartamento le permettono di sentire ciò che avviene nella casa vicina ed ella inizia a seguire con attenzione sempre maggiore i movimenti del giovane Sandro, un ragazzo restato orfano del padre, costretto a diventare adulto prima del tempo. Tra i due inizia una relazione che porterà la donna, succube al forte carattere del giovane, ad annullare se stessa per il suo innamorato. Sullo sfondo, soprattutto nelle vicende che riguardano la vita lavorativa di Sandro, riemerge una Firenze dilaniata dalla lotta tra fascismo e comunismo

Vasco Pratolini è un autore che ha tentato di tradurre l'atmosfera neorealista in una precisa poetica. Egli è uno degli iniziatori del "nuovo realismo", la corrente della quale furono massimi esponenti Alberto Moravia, Vittorini e Cesare Pavese con il "realismo magico.
Tutte le opere di Vasco Pratolini sono ispirate alla poetica del "realismo socialista" a partire dalla scelta dei protagonisti popolari, i quali si fanno carico della prospettiva socialista e che consentono all'autore di delineare chiaramente i termini ideologici ed economici tra le classi sociali.

domenica 18 ottobre 2009





Alla marina
Siamo nell’acqua
e non ci bagnamo
il mare,
sotto di noi,
non ci tocca.
E’calmo, è assuefatto,
come ogn’ altro pensiero.
L’azzurro incontra la sera
e le montagne s’incupiscono per poco.
Poi…. le luci
non le stelle
e la notte s’impigra nelle case.

14- 10-2009 Maria Serritiello