Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





martedì 6 aprile 2010




« Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro Giosuè Carducci, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra [...] »
(G. Pascoli - da Il fanciullino)


Giovanni Antonio Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912) è stato un poeta italiano, una delle figure maggiori della letteratura italiana di fine Ottocento

Pascoli, insieme a D'Annunzio, rappresenta, malgrado la sua matrice positivistica (ravvisabile nell'ossessiva precisione della nomeclatura botanica e ornitologica nei suoi versi), il maggior poeta decadente italiano. Dai principi letterari del poeta, esposti nel suo Fanciullino (1897), emerge una concezione essenzialmente socialista della società, un socialismo umanitario e utopico che misconosce ogni lotta di classe affidando alla poesia la missione di diffondere amore e fratellanza


Per pochi scrittori come per Pascoli le vicende della prima giovinezza furono tanto determinanti nello sviluppo creativo della maturità: sembra quasi impossibile comprendere il vero significato di gran parte - e sicuramente la più importante - della sua produzione poetica, se si ignorano i dolorosi e tormentosi presupposti biografici e psicologici che egli stesso riorganizzò per tutta la vita, in modo ossessivo, come sistema semantico di base del proprio mondo

Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, in una famiglia benestante, quarto dei dieci figli di Ruggero Pascoli (due morti molto piccoli), amministratore di una tenuta della famiglia Torlonia, e di Caterina Allocatelli Vincenzi.

Il 10 agosto 1867, quando Giovanni aveva 12 anni, il padre Ruggero, amministratore di una tenuta dei principi Torlonia, venne assassinato con una fucilata mentre sul proprio calesse tornava a casa da Cesena, e le ragioni del delitto, forse di natura politica o forse dovute a contrasti di lavoro, e i responsabili rimasero per sempre oscuri, nonostante la famiglia avesse forti sospetti sull'identità dell'assassino, come traspare evidentemente nella poesia La cavallina storna.

Il trauma lasciò segni profondi nella vita del poeta. La famiglia cominciò dapprima a perdere gradualmente il proprio status economico e successivamente a subire una serie impressionante di altri lutti, disgregandosi: costretti a lasciare la tenuta, l'anno successivo morirono la madre e la sorella Margherita, nel 1871 il fratello Luigi e nel 1876 il fratello maggiore Giacomo, che aveva tentato inutilmente di ricostituire il nucleo familiare.

Nella biografia lasciata a noi dalla sorella Mariù, Lungo la vita di Giovanni Pascoli, il futuro poeta viene presentato come un ragazzo solido e vivace, il cui carattere non è stato alterato dalle disgrazie; per anni, infatti, le sue reazioni parvero essere volitive e tenaci, nell'impegno a terminare il liceo ed a cercare i mezzi per gli studi universitari, nonché nel puntiglio, sempre frustrato, dimostrato nel ricercare e perseguire l'assassino del padre.

Nel 1871, all'età di 16 anni e dopo la morte del fratello Luigi (per meningite il 19 ottobre dello stesso anno), Pascoli dovette lasciare il collegio Raffaello dei padri Scolopi di Urbino, e si trasferì a Rimini, per frequentare il liceo classico Giulio Cesare; giunse a Rimini assieme ai suoi sei fratelli: Giacomo (19 anni), Luigi (17), Raffaele (14), Giuseppe (cioè Alessandro, 12), Ida (8), Maria (6, chiamata affettuosamente Mariù).

«L'appartamento, già scelto da Giacomo ed arredato con lettini di ferro e di legno, e con mobili di casa nostra, era in uno stabile interno di via San Simone, e si componeva del pianterreno e del primo piano», scrive Mariù: «La vita che si conduceva a Rimini… era di una economia che appena consentiva il puro necessario».

Pascoli terminò infine gli studi liceali a Firenze.

Grazie all'interessamento di un suo ex-professore, che gli fece ottenere una borsa di studio di 600 lire, che poi perse per aver partecipato ad una manifestazione studentesca, Pascoli si iscrisse all'Università di Bologna, dove ebbe come docente il poeta Giosuè Carducci, e diventò amico del poeta e critico Severino Ferrari

Conosciuto Andrea Costa ed avvicinatosi a un movimento socialista-anarcoide, cominciò, nel 1877, a tenere comizi a Forlì e a Cesena. Durante una manifestazione più violenta del solito contro il governo per la condanna all'esponente anarchico Giovanni Passanante, Pascoli viene catturato dalle forze dell'ordine e fu portato nel carcere di Bologna nel 1879.

Dopo poco più di cento giorni, Pascoli esce di galera ed entra in una fase di depressione, nella quale più volte pensa al suicidio, decidendo di non riprendere gli studi. Si sente un fallito e deve essere ospitato dal fratello maggiore. Come poi scriverà in una lirica, in questo periodo sente le voci dei suoi cari defunti che lo incoraggiano e lo incitano a ricomciare gli studi per diventare sostegno per la famiglia.


Dopo la laurea, conseguita nel 1882 con una tesi su Alceo, Pascoli intraprese la carriera di insegnante di latino e greco nei licei di Matera e di Massa. Qui volle vicino a sé le due sorelle minori Ida e Maria, con le quali tentò di ricostituire il primitivo nucleo familiare

Il 22 settembre 1882 fu iniziato alla massoneria, presso la loggia "Rizzoli" di Bologna. Il testamento massonico autografo del Pascoli, a forma di triangolo (il triangolo è un simbolo massonico), è stato rinvenuto nel 2002[1].

Dal 1887 al 1895 insegnò a Livorno al liceo classico Niccolini-Palli. Intanto iniziò la collaborazione con la rivista Vita nuova, su cui uscirono le prime poesie di Myricae, raccolta che continuò a rinnovarsi in cinque edizioni fino al 1900.

Vinse inoltre per ben tredici volte la medaglia d'oro al Concorso di poesia latina di Amsterdam, col poemetto Veianus e coi successivi Carmina.

Nel 1894 fu chiamato a Roma per collaborare con il Ministero della pubblica istruzione. Nella capitale pubblicò la prima versione dei Poemi conviviali (Gog e Magog), ed ebbe modo di conoscere e frequentare Gabriele D'Annunzio.

Le trasformazioni politiche e sociali che agitavano gli anni di fine secolo e preludevano alla catastrofe bellica europea e all'avvento del fascismo gettarono progressivamente Pascoli, già emotivamente provato dall'ulteriore fallimento del suo tentativo di ricostruzione familiare, in una condizione di insicurezza e pessimismo ancora più marcati

Il 6 aprile 1912, già malato di cirrosi epatica (a causa dell'abuso di alcool) muore a causa di un cancro al fegato a Bologna, all'età di cinquantasei anni. Viene sepolto nella cappella annessa alla sua dimora di Castelvecchio di Barga, dove sarà tumulata anche l'amata sorella Maria.







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