Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





martedì 17 agosto 2010




Francesco Cossiga (Sassari, 26 luglio 1928 – Roma, 17 agosto 2010) è stato un politico, giurista e docente italiano, ottavo presidente della Repubblica dal 1985 al 1992 quando assunse, di diritto, l'ufficio di senatore a vita. A seguito di un decreto del presidente del Consiglio dei ministri ha potuto fregiarsi del titolo di presidente emerito della Repubblica Italiana.

È stato ministro dell'interno nel Governo Andreotti III dal 1976 al 1978, quando si dimise in seguito all'uccisione di Aldo Moro. Dal 1979 al 1980 fu presidente del Consiglio dei ministri e fu presidente del Senato della Repubblica nella IX
legislatura dal 1983 al 1985, quando lasciò l'incarico perché fu eletto al Quirinale.


L'11 marzo 1977, nel corso di durissimi scontri tra studenti e forze dell'ordine nella zona universitaria di Bologna venne ucciso il militante di Lotta continua Pierfrancesco Lorusso; alle successive proteste degli studenti, Cossiga, allora titolare del Ministero dell'interno, rispose mandando veicoli trasporto truppa blindati (M113) nella zona universitaria[3]. A seguito di ciò - ed a seguito della morte per colpi d'arma da fuoco della militante di sinistra romana Giorgiana Masi sul Ponte Garibaldi - il suo nome venne scritto dagli studenti, per protesta, storpiandolo: con una kappa iniziale ed usando la doppia esse delle SS naziste.

Nel gennaio 1978 riformò i servizi segreti dando loro la configurazione che avrebbero mantenuto fino alla successiva riforma del 2007, e creò i reparti speciali della Polizia NOCS e dei Carabinieri GIS.

Nel marzo 1978, quando fu rapito Aldo Moro dalle brigate rosse, creò rapidamente due "comitati di crisi", uno ufficiale e uno ristretto, per la soluzione della crisi.

Molti fra i componenti di entrambi i comitati sarebbero in seguito risultati iscritti alla P2; ne faceva parte lo stesso Licio Gelli sotto il falso nome di ingegner Luciani. Tra i membri anche lo psichiatra e criminologo Franco Ferracuti. Cossiga richiese ed ottenne l'intervento di uno specialista americano, il professor Steve Pieczenik, il quale partecipò ad una parte dei lavori.

Circa la presunta fuga di notizie per la quale le BR parevano a conoscenza di quanto si discutesse nelle stanze riservate, Pieczenik ebbe ad affermare nel 1994 che aveva via via richiesto di ridurre progressivamente il numero dei partecipanti alle riunioni. Rimasti solo Pieczenik e Cossiga, affermò lo statunitense «la falla non accennò a richiudersi». Cossiga in seguitò non smentì, ma parlò di «cattivo gusto».

Non fu mai aperta alcuna trattativa con i sequestratori per il rilascio di Moro, il quale dalla sua prigionia scrisse a Cossiga dicendogli che «esiste un problema, postosi in molti e civili paesi, di pagare un prezzo per la vita e la libertà di alcune persone estranee, prelevate come mezzo di scambio. Nella grande maggioranza dei casi la risposta è stata positiva ed è stata approvata dall'opinione pubblica».

Cossiga diede le dimissioni da ministro dell'Interno in seguito al ritrovamento del cadavere del presidente della DC in via Michelangelo Caetani. Al giornalista Paolo Guzzanti disse: «Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle è per questo. Perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Moro».

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