Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





domenica 17 maggio 2009




Il 17 maggio del 1510 muore a Firenze Sandro Botticelli

Sandro Botticelli, vero nome Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi (Firenze, 1 marzo 1445 – Firenze, 17 maggio 1510), è stato un pittore italiano.

Sandro Botticelli nacque in Borgo Ognissanti, ultimo di quattro figli maschi e crebbe in una famiglia modesta ma non povera, mantenuta dal padre, Mariano di Vanni Filipepi, che faceva il conciatore di pelli ed aveva una sua bottega nel vicino quartiere di Santo Spirito.

Il fratello Antonio era un orefice di professione, per cui è molto probabile che l'artista abbia ricevuto una prima educazione presso la sua bottega, mentre sarebbe da scartare l'ipotesi di un suo tirocinio avvenuto nella bottega di un amico del padre, un certo maestro Botticello, come riferisce il Vasari nelle Vite, dal momento che ancora oggi non esiste alcuna prova documentaria che confermi l'esistenza di questo artigiano attivo in città in quegli anni.

Il nomignolo pare invece che fosse stato inizialmente attribuito al fratello Giovanni, che di mestiere faceva il sensale e che nella portata al catasto del 1458 (la dichiarazione dei redditi dell'epoca), veniva chiamato vochato Botticello, poi esteso a tutti i membri maschi della famiglia e dunque adottato anche dal pittore.



Il suo vero e proprio apprendistato si svolse nella bottega di Filippo Lippi dal 1464 al 1467 circa; risalgono infatti a questo periodo tutta una serie di Madonne che rivelano la diretta influenza del maestro sul giovane allievo

Risultarono però determinanti nel progressivo processo di maturazione del suo linguaggio pittorico anche le influenze ricevute da Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio.

La Primavera

Il dipinto è stato composto per l’omonimo cugino o nipote di Lorenzo il magnifico. Questa opera, che va analizzata stranamente da destra verso sinistra, rappresenta il vero e proprio trionfo dell’allegoria: tecnicamente l’analisi di questa opera si presenta molto semplice e lineare; viene data molta rilevanza alla linea e al ritmo che, insieme all’ intreccio complicato ma quasi unitario tra alberi e piante, tendono a far risaltare i corpi dinamici e danzanti. Da un punto di vista invece più profondo, l’analisi risulta parecchio più complicata e addirittura comprensibile solo ai filosofi: Botticelli, essendo dunque particolarmente interessato ai concetti neoplatonici, accetta quindi anche da Platone la sua idea, intendendola come qualcosa che va al di là sia della natura(quindi dello spazio) sia della storia(quindi del tempo); quindi chi si ferma ad osservare la bellezza dei corpi e dei visi e la delicatezza dei colori, cosa a cui mirava la pittura umanistica quattrocentesca come quella di Piero della Francesca, non può comprendere come questi splendidi arazzi servano soltanto a far capire l’idea della natura eterna, perfetta e metafisica

La Nascita di Venere

L'opera si ritiene essere stata realizzata in un periodo compreso tra il 1482 ed il 1484. Questa opera è l’esaltazione più alta del modo in cui Botticelli concepiva l’idea eterna: questo lavoro però non deve essere inteso come un dipinto pagano che esalta soltanto la bellezza muliebre, ma, essendo che per i filosofi e i letterati di quella cerchia il cristianesimo preesisteva, come idea, già anche prima della venuta di Cristo anche nelle altre comunità come nei Romani e che di conseguenza il paganesimo non esisteva, dato che ogni religione partecipa alla sua idea, uno dei significati impliciti, che trova corrispondenza nel mito della nascita di Venere dall’acqua marina, può essere proprio quello cristiano della nascita dell’anima, unico “elemento” che può conoscere la vera essenza delle cose, dall’acqua del battesimo. Inoltre la nudità di Venere serve per dare quelle caratteristiche proprie dell’anima modello: purezza, semplicità, mancanza di ornamenti. Nel dipinto infine notiamo altre due figure, quella del Vento rappresentato da Zefiro e Bora, e quella dell’ancella che accorre col manto fiorito(allusione alla veste d’erbe e di fiori della natura), che insieme a Venere fanno nascere, arrivare al massimo dell’intensità e spegnere il ritmo, che viene dominato solo dal demone platonico, dal furor malinconicus di Ficino, e che rappresenta qualcosa che nasce, vive e muore, proprio come il corpo e che viene dunque governato e superato dall’anima eterna, che però fa vedere questa vita come qualcosa di nostalgica che poi andrà perduta.

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