Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





martedì 28 dicembre 2010


BEAT GENERATION

« Aiuteremo a modificare le leggi che governavano i cosiddetti paesi civili di oggi: leggi che hanno coperto la Terra di polizia segreta, campi di concentramento, oppressione, schiavitù, guerra, morte »
(Allen Ginsberg)



La Beat generation fu un movimento artistico, poetico e letterario sviluppatosi dal secondo dopoguerra (1947 circa) a fine anni cinquanta, negli Stati Uniti. Tra gli autori di riferimento: Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Burroughs, Gregory Corso, Neal Cassady, Gary Snyder, Lawrence Ferlinghetti, Norman Mailer.

Origine del nome e del movimento

Il termine beat viene coniato da Jack Kerouac nel 1947, ma l'atto di nascita ufficiale è il 1952, anno di pubblicazione di Go di John Clellon Holmes, che viene considerato il primo racconto beat, e dell'articolo This is the Beat Generation («New York Times Magazine», novembre 1952), che segna l'avvio dell'esistenza pubblica del beat.
Beat è un termine che assume molteplici significati già in inglese, ed in italiano è tradotto e spiegato in varie accezioni. Beat come beatitudine (Beatitude), la salvezza ascetica ed estatica dello spiritualismo Zen, ma anche il misticismo indotto dalle droghe più svariate, dall'alcol, dall'incontro carnale e frenetico, dal parlare incessantemente, sviscerando tutto ciò che la mente racchiude. Beat come battuto, sconfitto in partenza. La sconfitta inevitabile che viene dalla società, dalle sue costrizioni, dagli schemi imposti ed inattaccabili. Beat come richiamo alla vita libera e alla consapevolezza dell'istante.
Beat come ribellione. Beat come battito. Beat come ritmo. Quello della musica jazz, che si ascolta in quegli anni, quello del be bop, quello della cadenza dei versi nelle poesie. Il jazz di Frisco, frenetico, sudato, vissuto e catartico; il jazz di Charlie Parker, "The bird", personaggio eroico e deificato da questa generazione; la poesia di Carlo Marx (Allen Ginsberg) declamata fino a tarda notte e i versi sconnessi di Mexico City Blues o della poesia "Mare suoni dell'Oceano Pacifico a Big Sur" che fa da appendice a "Big Sur" di Kerouac. Beat è la scoperta di sé stessi, della vita sulla strada, del sesso liberato dai pregiudizi, della droga, dei valori umani, della coscienza collettiva. Beat non è politica però, nonostante molti movimenti abbiano origine da questa fonte. Beat non è religione, nonostante sia forte la componente religiosa in questo gruppo. Beat è libertà di essere sconfitti, ma molto più probabilmente beat è uno dei tanti termini che solo "hipsters dal capo d'angelo ardenti per l'antico contatto..." possono capire, perché non ha un vero significato semantico, ma più un significato mistico, insito nell'anima battuta, beata, ritmata, ribelle di quella generazione

In principio c'erano gli hipsters. Questo gruppo di figure distaccate, rappresenta la corrente esistenzialista americana, che riconosce il rischio di una guerra atomica, e sente oppressivamente il peso della società consumistica americana del dopoguerra e dell'asfissiante standardizzazione delle masse. Gli hipsters sono distaccati, conoscono i pericoli e, perciò, si licenziano dalla società iniziando ad inseguire la loro esistenza profonda. Gli hipsters sono i tipi seri, abbottonati, misticamente in preda all'eroina che Kerouac descrive nella prima parte de I sotterranei. Accanto a questi personaggi, emergono i beat, giovani sofferenti e focosi, dediti all'alcol e alla marijuana, poeti, romanzieri, che vorrebbero condividere con l'umanità il loro amore per il tutto e, invece, si sentono incompresi. Per il loro stile di vita sono accomunati spesso alla "Lost Generation", e per stessa ammissione di molti scrittori beat, Whitman ed Hemingway sono alle origini delle loro ideazioni letterarie. Ma, in realtà, il movimento beat ebbe una portata assai più sconvolgente, grazie anche al periodo in cui emerse.

« l'hipster caldo è il folle dagli occhi scintillanti (innocente e dal cuore aperto), chiacchierone, che corre da un bar all'altro, da una casa all'altra, alla ricerca di tutti, gridando irrequieto [...] la maggior parte degli artisti della Beat Generation appartiene alla scuola hot. »
(Jack Kerouac)

Simbolo del beat è, di certo, Neal Cassady, ispirazione di molte opere di Kerouac, ma anche di Ginsberg e citato da altri autori statunitensi, quali Charles Bukowski, per l'eccezionale personalità che "l'ultimo sacro idiota d'America" riusciva a far esplodere. Il movimento beat è una corsa velocissima, ma che lascia il segno: pochi sono riusciti a fermarsi prima del punto di non ritorno. Una gioventù bruciata.

Il movimento è sostanzialmente frutto di un'utopia che nasce all'interno di un gruppo di amici, amanti della letteratura e completamente saturi della società che vivono, delle regole, dei tabù. I beat vogliono scappare, viaggiare, far l'autostop fino a dove possono arrivare, ma non per un senso di fuga dalle responsabilità, ma per trovarsi da soli nuove regole e stili di vita. Da qui viene l'avvicinamento alla spiritualità Zen, al cattolicesimo, al taoismo che tanto viene approfondito, discusso e rimodellato in un'ottica beat; ma da qui viene anche l'abuso di sostanze stupefacenti, di alcol per trovare un nuovo sistema di regole, per sedare la sofferenza e per riunire l'io e il Tutto.

Inizialmente, il movimento beat, anche grazie al successo di Sulla strada raccoglie un grande consenso e dà vita al movimento dei "figli dei fiori" e dei beatniks. Entrambi i gruppi saranno motivo di grave malcontento della società contro gli scrittori beat che, per il loro modo di vivere, non sembravano differenziarsi da questi personaggi che intendevano tutta la corrente come una rivolta contro la borghesia americana che sfocerà nella protesta contro la guerra del Vietnam. Ad un certo punto essere beat diventa scomodo sia per gli attacchi pressanti delle associazioni americane, che per le intrusioni nella sfera personale da parte di fan e giornalisti che vedevano in questi uomini dei simboli della rivolta che non avevano il coraggio di fare.

« [...] un fiume inesauribile di telegrammi, telefonate, visite, giornalisti, ficcanaso, o quella volta che il giornalista si precipitò di sopra in camera mia mentre vi sedevo in pigiama sforzandomi di trascrivere un sogno... teenagers scavalcano lo steccato alto un metro e ottanta che avevo fatto costruire intorno al giardino per restare solo... »
(Big Sur)

Inizialmente la compagine dei beat era formata dalla triade composta da Kerouac, Neal Cassady e Allen Ginsberg che si incontravano con altri ragazzi al Greenwich Village di New York, discutevano, facevano baldoria, e condividevano i propri lavori fino a tarda notte. Pur essendo più anziano anche William Burroughs è considerato un forte elemento di questa prima formazione beat, seppur la sua figura sia, per i giovanissimi Kerouac e Ginsberg, meglio definibile come quella di una guida attraverso i meandri della letteratura e della filosofia. Sarà una fase ricca di viaggi per l'America, specie verso Frisco (San Francisco), di fama, ma anche di momenti storici come il Vietnam, la paura dell'atomica, le rivendicazioni razziali e studentesche.
In seguito si aggiungeranno Gary Snyder, Lawrence Ferlinghetti e Gregory Corso, spesso considerato il migliore della trinità Beat (gli altri due erano Kerouac e Ginsberg) e che instaurerà proprio con Kerouac, il re dei beatniks, un rapporto di odio e amicizia in chiave beat. Quando Ginsberg si trasferì a San Francisco, mecca di tutti i beat e residenza del "santone" Henry Miller, idolo assoluto di questo movimento, iniziò una fase che molti dicono della "Scuola di San Francisco", ma sulla quale non v'è molto da aggiungere se non il fatto che Ferlinghetti, nella sua libreria City Lights Bookstore nel North Beach di San Francisco, pubblicò alcune opere beat tra cui Howl, uno dei più famosi manifesti del movimento. Il movimento andò piano piano scemando, come idea di gruppo, di pari passo con la fine delle contestazioni. Si lasciò dietro le morti premature di Cassady e Kerouac, una lunga disapprovazione sociale e tante opere che ancora oggi sono custodite presso City Lights, e che sono diffuse e stampate in molteplice lingue e stati. E, nonostante tutto, si porta dietro la leggenda di quei ragazzi che giravano sulla strada, verso l'ignoto, e che ancora oggi stimolano le fantasie di milioni di persone.

« È stato un fuorilegge il padre della nostra patria? Sì. È stato un fuorilegge Galileo per aver detto che il mondo è rotondo? Io dico che il mondo è rotondo! Non è square »
(The origins of the beat generation, Kerouac)

All'origine del movimento in America ci sono probabilmente figure più o meno vicine al movimento del Trascendentalismo ottocentesco, fra cui spiccano Ralph Waldo Emerson, Henry David Thoreau e Walt Whitman. Fra i movimenti affini, ma storicamente troppo distanti, ci sono quelli cinici della Grecia antica.

Definizione del genere

« La Beat Generation è un gruppo di bambini all'angolo della strada che parlano della fine del mondo »
(Jack Kerouac)

Gli autori beat riprendono e amplificano i temi della contestazione giovanile della loro epoca che, partendo da una critica radicale alla guerra del Vietnam, si estendono all'intero sistema americano, mettendo in discussione la segregazione razziale dei neri, la condizione subordinata della donna, le discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale.

Scrivono di viaggi mentali - anche mediante la sperimentazione psichedelica di droghe quali l'LSD - e fisici, in lungo e in largo attraverso le strade americane, come ad esempio Sulla strada di Kerouac, scritto viaggiando da una costa all'altra degli Stati Uniti.

Il Beat in Italia

Come molti altri fenomeni sociali e culturali, in Italia quello beat è giunto solo in maniera marginale, sebbene i grandi scrittori americani visitassero la penisola, alcuni per trovarvi ispirazione, altri invitati a rassegne come il Festival di Spoleto del 1965. Ginsberg, Corso e Ferlinghetti, ad esempio, sono stati più volte in Italia (Ferlinghetti vi trovò spunti per il suo Scene italiane).

E Jack Kerouac nell'ottobre del 1966 si reca in Italia, dove tiene una serie di conferenze in alcune città, facendosi accompagnare dal cantautore Gian Pieretti (che ha scoperto grazie alla segnalazione di Donovan).


È stata Fernanda Pivano, con le sue traduzioni, a trasferire in Italia la Beat generation. Con Fernanda Pivano l'atto del tradurre le opere straniere diviene un atto di creazione e non di pura riproduzione. Oltre ad essere amica degli autori beat, ha scritto molte prefazioni alle loro opere pubblicate in Italia. Durante gli anni Sessanta, la casa milanese della Pivano era un importante punto di riferimento per chi gravitava intorno al movimento beat. Non a caso fu lei a suggerire nell'ottobre del 1966 al poeta Vittorio Di Russo, a Melchiorre Gerbino e agli altri giovani italiani "in viaggio" che frequentavano la casa di Di Russo in via Manzoni a Milano, il titolo di "Mondo Beat" a quella che è considerata la prima rivista underground italiana e che inizia le pubblicazioni nel novembre 1966 (il n. 0 è datato 15 novembre 1966).

Ben presto, la rivista "Mondo Beat" diventa il riferimento e la voce di un movimento di "capelloni" (com'erano chiamati al tempo) che fondano una libera comunità nella periferia di Milano, con la famosa tendopoli di via Ripamonti. La stampa "benpensante" inizia una forte campagna tesa a denunciare il fenomeno Beat, accusando gli occupanti della tendopoli di contravvenire alle regole della moralità (libero amore) e di rappresentare un serio pericolo di pandemia per la città a causa delle precarie condizioni igieniche. Le squadre della polizia prendono a perquisire sistematicamente la tendopoli, alla ricerca di minorenni "scappati di casa" che trovano facile rifugio nelle tende del movimento. In seguito ad alcune perquisizioni con "modi bruschi", il 7 marzo 1967, un centinaio di "capelloni" inscena una manifestazione per protestare contro la brutalità della Polizia e viene caricata da un reparto Celere. Il 12 giugno 1967 la tendopoli di via Ripamonti viene sgomberata dalla forze di Polizia e rasa al suolo dagli operatori comunali del SID (servizio immondizia domestica), intervenuti con i lanciafiamme. Molti degli occupanti vengono fermati ed allontanati dalla città con foglio di via. Dopo l'uscita del n. 5, luglio 1967, anche "Mondo Beat" cessa le pubblicazioni.


Tra i poeti beat italiani ricordiamo Gianni Milano, attualmente ancora in attività.

Diverso è invece il discorso dal punto di vista musicale: il beat in Italia scatenò un fiorire di complessi (di cui l'Equipe 84, i Dik Dik, I Corvi, I Camaleonti sono solo alcuni tra gli esponenti), di solisti (Riki Maiocchi, Gian Pieretti, Patty Pravo, Caterina Caselli ed altri) e di case discografiche, portò alla nascita di riviste musicali nate espressamente per i giovani (Ciao amici, Giovani, Big), di locali dedicati espressamente alla musica beat (il Piper Club di Roma è il più noto, ma ne nacquero in ogni città, a Torino ad esempio La Perla), di concorsi musicali legati al beat (il più noto di tutti fu il Rapallo Davoli) ed al diffondersi in ogni città d'Italia di punti di aggregazione per i capelloni (tra cui, ad esempio, piazza Navona a Roma o piazza Castello a Torino).

Il Beat al cinema

Il film Pull My Daisy, del 1959, di Robert Frank e Alfred Leslie, è ritenuto il manifesto del cinema beat: la voce fuori campo è di Jack Kerouac e fra gli attori compaiono Peter Orlovsky, Allen Ginsberg e Gregory Corso. La breve narrazione (di 28 minuti) di una divagante chiacchierata tra amici gioca sul cortocircuito tra modi e strutture della finzione e istanze di realismo documentario.
Del 1960 è La nostra vita comincia di notte, di Herman Rhudell McDougall, del 1987 The Beat Generation: An American Dream, con Burroughs, Cassady, Corso, Kerouac, Ginsberg e Ferlinghetti e del 1991 Il pasto Nudo (Naked Lunch), di David Cronenberg, tratto dall'omonimo romanzo di William Seward Burroughs, del 1959.



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