Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





venerdì 5 febbraio 2010





« Tu che splendi in Paradiso,
coronata di vittoria,
Oh Sant'Agata la gloria,
per noi prega, prega di lassù »
(Canto a Sant'Agata)

Sant'Agata, (Catania, 230 – Catania, 5 febbraio 251)

Sant'Agata, dal greco "buona, nobile di spirito" è patrona di Catania e di San Marino.Secondo la tradizione cristiana è una giovane santa vissuta tra il III e il IV secolo, durante il proconsolato di Quinziano.

Agata nacque a Catania da una famiglia ricca e nobile.
Secondo la tradizione cattolica sant'Agata si consacrò a Dio all'età di 15 anni circa, ma studi storico-giuridici approfonditi rivelano un'età non inferiore ai 21 anni: non prima di questa età, infatti, una ragazza poteva essere consacrata diaconessa come effettivamente era Agata, cosa documentata dalla tradizione orale catanese, dai documenti scritti narranti il suo martirio e dalle raffigurazioni iconografiche ravennate, con particolare riferimento alla tunica bianca e al pallio rosso; possiamo quindi a ragione immaginarla, più che come una ragazzina, piuttosto come una donna con ruolo attivo nella sua comunità cristiana: una diaconessa aveva infatti il compito, fra gli altri, di istruire i nuovi adepti alla fede cristiana (catechesi) e preparare i più giovani al battesimo alla prima comunione e alla cresima. Inoltre, da un punto di vista giuridico, Agata aveva il titolo di "proprietaria di poderi", cioè di beni immobili. Per avere questo titolo le leggi vigenti nell'impero romano pretendevano il raggiungimento del ventunesimo anno di età. Rimanendo sempre in tema giuridico, durante il processo cui Agata fu sottoposta, fu messa in atto la Lex Laetoria, una legge che proteggeva i giovani d'età compresa tra i 20 e i 25 anni, soprattutto giovani donne, dando a chiunque la possibilità di contrapporre una "actio polularis" contro gli abusi di potere commessi dall'inquisitore: prova ne sia che il processo di Agata si chiuse con un'insurrezione popolare contro Quinziano, che dovette fuggire per sottrarsi al linciaggio della folla catanese.

Nell'anno a cavallo fra il 250 e il 251 il proconsole Quinziano, giunto alla sede di Catania anche con l'intento di far rispettare l'editto dell'imperatore Decio che chiedeva a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede, si invaghì della giovinetta e, saputo della consacrazione, le ordinò, senza successo, di ripudiare la sua fede e di adorare gli dei pagani. Ma più realisticamente si può immaginare un quadro più complesso: ovvero, dietro la condanna di Agata, la più esposta nella sua benestante famiglia, potrebbe esserci l'intento della confisca di tutti i loro beni.

Al rifiuto deciso di Agata, il proconsole la affidò per un mese alla custodia rieducativa della cortigiana Afrodisia e delle sue figlie, persone molto corrotte. È probabile che Afrodisia fosse una sacerdotessa di Venere o di Cerere, e pertanto dedita alla prostituzione sacra. Il fine di tale affidamento era la corruzione morale di Agata, attraverso una continua pressione psicologica, fatta di allettamenti e minacce, per sottometterla alle voglie di Quinziano, arrivando a tentare di trascinare la giovane catanese nei ritrovi dionisiaci e relative "orge", allora molto diffuse a Catania. Ma Agata, in quei giorni, a questi attacchi perversi che le venivano sferrati, contrappose l'assoluta fede in Dio; e pertanto uscì da quella lotta vittoriosa e sicuramente più forte di prima, tanto da scoraggiare le sue stesse tentatrici, le quali rinunciarono all'impegno assuntosi, riconsegnando Agata a Quinziano.

Rivelatosi inutile il tentativo di corromperne i princìpi Quinziano diede avvio ad un processo e convocò Agata al palazzo pretorio. Memorabili sono i dialoghi tra il proconsole e la santa che la tradizione conserva, dialoghi da cui si evince senza dubbio come Agata fosse edotta in dialettica e retorica.

Breve fu il passaggio dal processo al carcere e alle violenze con l'intento di piegare la giovinetta. Inizialmente venne fustigata e sottoposta al violento strappo di una mammella. La tradizione indica che nella notte venne visitata da san Pietro che la rassicurò e ne risanò le ferite. Infine venne sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. La notte seguente l'ultima violenza, il 5 febbraio 251, Agata spirò nella sua cella

Durante il martirio con i carboni ardenti si narra che una donna coprì con il suo velo la Santa: si tratta del cosiddetto velo di Sant'Agata. È di colore rosso cupo e, nel corso dei secoli, venne più volte portato in processione come estremo rimedio per fermare la lava dell'Etna: questa una delle leggende. Nei fatti il cosiddetto "velo" di colore rosso faceva parte del vestimento con cui Agata si presentò al giudizio, essendo questo, indossato su una tunica bianca, l'abito delle diaconesse consacrate a Dio. Un'altra leggenda vuole che il velo fosse bianco e diventasse rosso al contatto col fuoco della brace.

Molti sono i miracoli attribuiti a sant'Agata nel corso dei secoli:

Appena un anno dopo la sua morte, nel 252, Catania venne colpita da una grave eruzione dell'Etna. L'eruzione ebbe inizio il giorno 1 di febbraio e aveva già distrutto alcuni villaggi alla periferia di Catania. Il popolo andò in cattedrale e preso il velo di sant'Agata lo portò in processione nei pressi della colata. Questa, secondo la tradizione, si arrestò dopo breve tempo. Era il giorno 5 di febbraio, la data del martirio della vergine catanese.

Il velo della santa lungo circa 4 metri era bianco secondo le usanze dell'epoca, ma avvicinato alla lava rovente divenne di un rosso cupo. Esso si trova in un reliquiario conservato nello scrigno d'argento contenente tutte le reliquie della santa.

La santa, Lucia di Siracusa, quasi coetanea di Sant'Agata, andò con la madre gravemente ammalata a pregare sulla tomba di Agata per implorarne la guarigione. Narra la leggenda che Lucia, mentre pregava, ebbe una visione nella quale sant'Agata le disse «perché sei venuta qui quando ciò che mi chiedi puoi farlo anche tu? Così come Catania è protetta da me, la tua Siracusa lo sarà da te.» La madre di Lucia guarì e Lucia dopo poco venne martirizzata.
Nel 1169 Catania fu scossa da un disastroso terremoto nel giorno 4 febbraio alle ore 21 quando molti cittadini catanesi erano radunati nella cattedrale per pregare in onore della santa. Nel crollo della cattedrale morirono il vescovo Aiello e 44 monaci oltre ad un numero imprecisato di fedeli. Nei giorni seguenti altre scosse di terremoto e maremoto imperversarono sulla città. La tradizione vuole che il terremoto sia cessato soltanto quando i cittadini presero il velo della santa e lo portarono in processione

Dal 3 al 5 febbraio, Catania dedica alla Santa una grande festa, misto di fede e di folklore. Secondo la tradizione alla notizia del rientro delle reliquie della santa il vescovo uscì in processione per la città a piedi scalzi, con le vesti da notte seguito dal clero, dai nobili e dal popolo. Controversa è l'origine del tradizionale abito che i devoti indossano nei giorni dei festeggiamenti: camici e guanti bianchi con in testa una papalina nera. Una radicata leggenda popolare vuole siano legati al fatto che, i cittadini catanesi, svegliati in piena notte dal suono delle campane al rientro delle reliquie in città, si riversarono nelle strade in camicia da notte; la leggenda risulta essere priva di fondamento poiché l'uso della camicia da notte risale al 1300 mentre la traslazione delle reliquie avvenne nel 1126. Un'altra leggenda afferma che l'abito bianco sia legato al precedente culto della dea Iside. Ma la tradizione storica più affermata indica che l'abito votivo altro non è che un saio penitenziale o cilicio, si afferma inoltre, che sia una tunica, bianca per purezza, indossata il 17 agosto, quando due soldati riportarono le reliquie a Catania da Costantinopoli.

Altri elementi caratteristici della festa sono il fercolo d'argento con i resti della Santa posto su un carro o Vara, anche questo in argento. Legati al veicolo due cordoni di oltre 100 metri a cui si aggrappano centinaia di “Devoti” (con il Sacco agatino - tunica bianca stretta da un cordone -, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi) che fino al 6 febbraio tirano instancabilmente il carro. La Vara viene portata in processione insieme ad undici candelore o cannalori appartenenti ciascuna alle corporazioni degli artigiani cittadini. Tutto avviene fra ali di folla che agita bianchi fazzoletti e grida Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti . È considerata tra le tre principali feste cattoliche a livello mondiale per affluenza.



















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