Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





giovedì 25 febbraio 2010




« La vita mi procura molte sofferenze. Quelli che non hanno mai provato niente, non possono cantare. »

Enrico Caruso (Napoli, 25 febbraio 1873 – Napoli, 2 agosto 1921) è stato un tenore italiano. È considerato il tenore per eccellenza, grazie alla suggestione del timbro e alla inconfondibile malia dello strumento vocale.

Di lui hanno detto o scritto:

« Sembrava che le corde vocali, anziché nella laringe, fossero situate nel muscolo cardiaco e fossero mosse dal sangue, nel ritmo delle sistole e delle diastole »
(Giacomo Lauri Volpi)
« Sarebbe diventato cantante anche se fosse venuto al mondo senza corde vocali »
(Joseph Roth

Nacque in una povera famiglia (originaria di Piedimonte d'Alife oggi Piedimonte Matese, un piccolo centro dell'alto casertano) in via SS. Giovanni e Paolo 7 nel quartiere napoletano di San Carlo all'Arena, ove una lapide ne ricorda l'evento: il padre, Marcellino, era un operaio metalmeccanico e la madre, Anna Baldini, faceva la donna delle pulizie. La madre aveva avuto prima di lui 17 figli: tutti morti. Dopo di lui nacquero altri tre fratelli.


Dopo aver frequentato le scuole regolari, a dieci anni andò a lavorare col padre in fonderia ma sotto l'insistenza della madre si iscrisse a una scuola serale dove scoprì di essere portato per il disegno; iniziò così ad elaborare progetti di fontane per l'officina dove lavorava. Ma nel frattempo qualcosa stava crescendo in lui: la sua Voce. Le prime arie d'opera e le prime nozioni di canto gli vennero insegnate dai maestri Schiardi e De Lutrio.

Ma oltre a cantare nel coro della chiesa, Enrico fece qualche apparizione in spettacoli teatrali; la sua voce nel frattempo si era irrobustita e le piccole rappresentazioni cominciarono a non bastargli più. La sua fortuna iniziò quando il baritono Eduardo Missino sentendolo cantare si entusiasmò a tal punto che lo presentò al maestro Guglielmo Vergine il quale accettò di dargli lezioni per fargli migliorare la voce ma pretese da lui il 25% dei suoi guadagni con un contratto che sarebbe durato cinque anni

così ad esibirsi nei teatri di Caserta, Napoli e Salerno e fece la sua prima esibizione all'estero al Cairo percependo la cifra di 600 lire per un mese di lavoro. Nel 1897, a Salerno, Caruso conobbe il direttore d'orchestra Vincenzo Lombardi che gli propose di effettuare con lui la stagione estiva a Livorno; qui Caruso conobbe la soprano Ada Giacchetti, sposata e madre di un bambino. Con lei avrà una relazione che durerà undici anni e da cui nasceranno due figli: Rodolfo ed Enrico junior. Ada lo lascerà per fuggire con il loro autista, con il quale cercherà anche di estorcergli denaro. Tutto finirà in tribunale con la dichiarazione di colpevolezza per la Giacchetti che verrà condannata a tre mesi di reclusione e a 100 lire di multa.

Nel 1900 Caruso cantò nuovamente alla Scala nella Bohème diretta da Arturo Toscanini e nel 1901 a Napoli al Teatro San Carlo dietro un compenso di 3.000 lire a recita. Qui, durante l'interpretazione de L'elisir d'amore ebbe la sua più grande delusione: la sua emozione e un'insicurezza malcelata non lo fecero cantare al meglio. Fortemente deluso dalla reazione dei suoi concittadini e dalle critiche che gli vennero rivolte, (centrate sul fatto se la sua voce fosse portata maggiormente al registro di baritono piuttosto che su quello di tenore), decise di autoesiliarsi e di non cantare mai più nella sua città natale.

Nel 1909 incise una serie di ventidue canzoni napoletane che comprendevano anche Core 'ngrato, canzone scritta da Riccardo Cordiferro e da Salvatore Cardillo che si ispirarono alle sue vicende sentimentali dopo l'abbandono da parte della Giacchetti

Sposata il 28 agosto del 1918 Dorothy Benjamin, ragazza di buona famiglia più giovane di lui di venti anni (dalla quale avrà una figlia, Gloria), Caruso iniziò verso il 1920 a soffrire d'insonnia e, durante la rappresentazione di Pagliacci, ebbe un calo di voce; ma fu tre giorni dopo, mentre cantava ne L'elisir d'amore, che perse sangue dalla bocca e fu costretto a sospendere la recita. Venne operato il 30 dicembre al polmone sinistro. Trascorse la convalescenza in Italia, a Sorrento; dopo una lieve ripresa ebbe una ricaduta e non poté finire il viaggio verso Roma per subire un nuovo intervento chirurgico: il male lo fermò in una delle stanze dell'albergo Vesuvio a Napoli dove morì a soli 48 anni.

È sepolto a Napoli, in una cappella privata nel cimitero di Santa Maria del Pianto nel quartiere Doganella.









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