Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





lunedì 15 marzo 2010


Cesare Bonesana, marchese di Beccaria (Milano, 15 marzo 1738 – Milano, 28 novembre 1794) è stato un giurista, filosofo, economista, letterato italiano, figura di spicco dell'Illuminismo, legato agli ambienti intellettuali milanesi.

Di nobile e ricca famiglia nacque a Milano figlio di Giovanni Saverio di Francesco, e di Maria Visconti di Saliceto, il 15 marzo 1738, studiò a Parma, poi a Pavia dove si laureò nel 1758. Si sposò contro la volontà del padre nel 1760, con l'allora sedicenne Teresa Blasco (originariamente De Blasio)nata a Rho nel 1734 e morta il 14 marzo 1774, dalla quale ebbe quattro figli: Giulia Beccaria (1762-1841), Maria Beccaria (1766 - 1788 ), Giovanni Annibale nato e morto nel 1767 e Margherita anch'essa nata e morta nel 1772. Dopo appena 82 giorni di vedovanza sposò in seconde nozze suscitando grande scalpore, Anna dei Conti Barnaba Barabò, dalla quale ebbe un altro figlio, Giulio

Beccaria. Il suo avvicinamento all'Illuminismo avvenne dopo la lettura delle Lettere persiane di Montesquieu.[1] Fece parte del cenacolo dei fratelli Pietro ed Alessandro Verri, collaborò alla rivista Il Caffè e contribuì a creare l'Accademia dei Pugni nel 1762, fondata secondo un suo concetto della educazione dei giovani mirante a rispettare i suoi concetti di legalità. Cesare Beccaria pensava che l'uomo acculturato fosse meno incline a commettere delitti. Dalle discussioni con gli amici Verri gli venne l'impulso di scrivere un libro che spingesse a una riforma in favore dell'umanità più sofferente

Fu stimolato in particolare da Alessandro Verri, protettore dei carcerati, ad interessarsi alla situazione della giustizia.


Dopo la pubblicazione di alcuni articoli di economia, diede alle stampe (inizialmente anonimo) nel 1764 Dei delitti e delle pene, breve scritto che ebbe enorme fortuna in tutta Europa ed in particolare in Francia, dove incontrò l'apprezzamento entusiastico dei filosofi dell'Encyclopédie e di Voltaire e dei philosophes più prestigiosi che lo tradussero (la versione francese è opera dell'abate filosofo André Morellet, con le note di Denis Diderot) e lo considerarono come un vero e proprio capolavoro.[4] L'opera venne messa all'Indice dei libri proibiti nel 1767, a causa della distinzione tra peccato e reato

Morì a Milano il 28 novembre 1794 a causa di un ictus, all'età di 56 anni, e fu sepolto nel cimitero di San Gregorio. Pietro Verri deplorò il fatto che i fogli cittadini non avessero inserito nemmeno una riga di encomio in occasione della sua morte.

La figlia Giulia fu la madre di Alessandro Manzoni.

Secondo alcuni Cesare Beccaria era affiliato alla massoneria


Beccaria sosteneva quindi l'abolizione della pena di morte, che non impedisce i crimini e non è efficace come deterrente, nonché della tortura, che è una punizione preventiva ingiusta e crudele, e non serve a scoprire nulla, giacché fornisce dubbie confessioni; si occupò della prevenzione dei delitti, favorita a suo avviso dalla certezza piuttosto che dalla severità della pena (principio elaborato per la prima volta dall'inglese Robert Peel). Beccaria sosteneva che per un qualunque criminale, una vita da trascorrere in carcere con l'ergastolo privativo della libertà, è peggiore di una condanna a morte, mentre l'esecuzione non vale come monito e deterrente al crimine in quanto le persone tendono a dimenticare e rimuovere completamente un fatto traumatico e pieno di sangue, anche perché nella memoria collettiva l'esecuzione non è collegata ad un ricordo di colpevolezza (non essendo stato seguito il processo). Il vero freno della criminalità non è la crudeltà delle pene, ma la sicurezza che il colpevole sarà punito, anche con una pena più mite, ma certa ed inevitabile. Beccaria era inoltre contrario alla consuetudine di portare armi da parte dei ceti abbienti per autodifesa.









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