Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





domenica 16 maggio 2010



LA MIA RECENSIONE DELLA SETTIMANA

Titolo. Il figlio più piccolo.
Luciano Baietti, un immobiliarista di Roma, sposa frettolosamente, in una chiesa un po’ appartata di Bologna, Fiamma, una donna molto bella ma con un temperamento fragile e sognante. Da lei ha avuto, oltre a due bei maschietti, Paolo e Baldo, anche due appartamenti in dote! La cerimonia si conclude velocemente, tra brindisi finti e piatti di carta e Luciano, con il riso augurale ancora tra i capelli, si allontana assieme al suo socio, dopo aver a malapena salutato i bambini. La sposa rimane sola sul sagrato, ma è già un’ immagine sfocata sia per lui, cinico e spietato uomo d’affari, che per Sergio Bollino, il socio, un diabolico stratega del male. Di Luciano e della sua ascesa economica, Fiamma e figli non ne sapranno più nulla, essi vivono alla meno peggio, con Paolo, il figlio più grande, che si arrabatta a lavorare in una tavola calda, Baldo che frequenta il “Dams”, inseguendo sogni di regia cinematografica e Fiamma, più svagata che mai che canta accompagnandosi con la chitarra e con l’amica Sheyla, in un patetico duo artistico dal sapore nostalgico, post figli dei fiori. Dal canto suo Luciano, con i soldi della moglie e i consigli fraudolenti del socio, vive in una villa lussuosissima della campagna romana e conduce la bella vita, essendo divenuto uomo immagine, per traffici illeciti e spudorate raccomandazioni, presidente della Baietti Interprise. Paolo, il più grande dei figli di Luciano ha covato un odio smisurato per quel padre che nemmeno ricorda e che li costringe a vivere nell’indigenza, inseguiti dai creditori, mentre Baldo, generoso, ingenuo, pingue e credulone ha sempre avuto nostalgia di quell’ inesistente figura paterna. Ed è proprio a quest’ultimo, che lo spietato padre si rivolgerà per trovare un prestanome, dal momento che i suoi affari sono in cattive acque. E Baldo…..
Commento
Un film, ma è un film “Il figlio più piccolo”, o la realtà rivisitata dei nostri giorni? Nella trama che appare crudelmente vera, si può scorgere la veloce ascesa economica del protagonista, tanto simile a quella dei “furbetti del quartierino”, primi attori della brutta cronaca degli ultimi tempi e capirne il sistema oltre che apprendere il metodo. Una pellicola amara, questa di Pupi Avati, che raccoglie i difetti di un’Italia volgare, cialtrona, infingarda. I personaggi si presentano al pubblico, che più non si meraviglia del loro stile di vita, con amorale disinvoltura, consapevoli di poterla fare franca comunque a spesa degli altri e come nel caso di Luciano Baietti, a danno, una volta in più, della moglie Fiamma e di Boldo, il figlio più piccolo. Un triste ritratto, un fosco scenario da un po’ in posa nel nostro paese, una pagina di cronaca per immagini, tratta dai tanti giornali letti, è ciò che sapientemente Pupi Avati ha voluto portare alla ribalta, per farci pensare, per farci riflettere, senza essere invasivo, tant’è che sceglie nella parte del protagonista, Christian De Sica. Un film, dunque, sul bel Paese, sugli affari loschi che producono ricchezza, sui finti ricchi opulenti e cafoni, sui legami che intercorrono tra loro per intrecciare affari e sul cinismo che li muove. Un film, che malgrado non abbia la forza incisiva della denuncia, non può non scuotere l’animo dello spettatore da quella preoccupante apatia nella quale è precipitato e con la quale giustifica ogni azione indecente.
Interpreti
Un plauso va a Christian De Sica, che ha saputo interpretare, in modo convincente, il cinico e meschino Luciano Baietti, allontanandosi dagli schemi impudenti, esagerati e volgari dei film natalizi. La sua è una prova non eccessiva, per la prima volta drammatica e nel finale finanche patetica. La faccia giusta di un imbroglione amorale e privo di scrupoli, quella di De Sica, che per mantenersi una vita dispendiosa e grassa non si fa scrupolo di sacrificare e compromettere per sempre il futuro del figliolo più piccolo. Anche Luca Zingaretti, ha dato una buona prova interpretativa, Sergio Bollino è il socio risolutivo, ipocondriaco, l’anima nera di Luciano, dall’intelligenza pronta ed arguta, applicata spavaldamente al crimine. Baffi e capelli riccioluti, nella prima parte del film, non cancellano del tutto l’immagine di “Montalbano”, per cui si compie uno sforzo immane a non consideralo dall’altra parte, cioè dalla parte di chi il crimine lo combatte, “Montalbano”, per l’ appunto, il commissario creato dalla fantasia di Andrea Camilleri. Laura Morante, Fiamma, l’inconsistente e svagata prima moglie di Luciano, caratterizza molto bene il personaggio, del resto è sempre puntuale e convincente ogni volta. Nel film, la donna, un po’ a sostegno e un po’come partner di canto, ha un’amica americana, Sheyla, in lei si stenta a riconoscere un’invecchiata (ci si augura per il trucco!) Sydne Rome, una pallida immagine di quella che fu la rampante testimonial del fitness degli anni ’80. Nicola Nocella, il figlio più piccolo, nella sua prova d’esordio, convince. Il giovane, somigliantissimo a John Belushi, classe 1981, nato a Terlizzi, in provincia di Bari, si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia ed è stato allievo di Giancarlo Giannini. Scelto per caso da Pupi Avati, il quale a due giorni dall’inizio del film non aveva ancora chi interpretasse Baldo, si è ricordato di aver visto Nocella, seduto su di una panchina del centro sperimentale e l’ha contattato.
Il regista
Pupi Avati, all’anagrafe Giuseppe Avati è nato a Bologna il 1938. All’inizio tenta la carriera nel jazz, infatti dal 1959 al 1962 fa parte della Doctor Dixie Jazz Band, ma rinuncia dopo l’ingresso nella band di Lucio Dalla. Per quattro anni lavora nella Findus, l’azienda dei surgelati, come dirigente, poi resta folgorato dalla visione del film Otto e Mezzo di Fellini e decide di passare alla regia. In questo film cerca di svezzare Christian De Sica, infossato da troppo tempo in film grossolani e ruoli burleschi, come ha già fatto con Ezio Greggio e Diego Abatantuono. “Il Figlio più piccolo”, è il film più pessimista di Avati, quello in cui descrive senza via d’ uscita l’odierna società, per la connessione stretta che la corruzione ha con il potere.

Spunti di riflessione
Non ci sono arricchimenti facili e vita esagerata e dispendiosa, se ogni giorno ci si alza per andare a lavorare. Per lavorare s’intende quel lavoro che fisicamente si vede sul lavoratore!

Regia: Pupi Avati

Cast: Christian De Sica, Laura Morante, Luca Zingaretti,Nicola Nocella, Massimo Bonetti, Sydne Rome

Musica: Riz Ortolani, classe 1931, cinque Davide di Donatello, di cui quattro ricevuti per colonne sonore, scritte per i film di Pupi Avati, oltre che una luminosa carriera.

Giudizio
Distinto

Maria Serritiello

Tratta da(www.lapilli.eu)





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