Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....

Pablo Neruda





venerdì 24 luglio 2009

UN RIPASSO PRIMA DELLA PARTENZA
STOCCOLMA



OSLO



COPHENAGHEN




AL RIENTRO DESCRIZIONE DETTAGLIATA ED IMMAGINI

mercoledì 22 luglio 2009







SI PARTEEEEEEEEEEEEEEE

venerdì 10 luglio 2009



« Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. »
(da Il tempo ritrovato)

Valentin Louis Georges Eugène Marcel Proust (Parigi, 10 luglio 1871 – Parigi, 18 novembre 1922) è stato uno scrittore francese, la cui opera principale s'intitola Alla ricerca del tempo perduto.


È lo scrittore francese più tradotto e diffuso al mondo ed uno dei più importanti della letteratura europea del Novecento.

La sua vita si snoda nel periodo compreso tra la repressione della Comune di Parigi e gli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale; la trasformazione della società francese in quel periodo, con la crisi dell'aristocrazia e l'ascesa della borghesia durante la Terza Repubblica francese, trova nell'opera maggiore di Proust una approfondita rappresentazione del mondo di allora. L'importanza di questo scrittore è tuttavia legata alla potenza espressiva della sua originale scrittura e alle minuziose descrizioni dei processi interiori legati al ricordo e al sentimento umano; la Recherche infatti è un viaggio nel tempo e nella memoria che si snoda tra vizi e virtù

I luoghi dell’infanzia di Marcel, la casa della famiglia paterna a Illiers e quella della famiglia materna a Auteuil, sono molto importanti per capire la sua personalità e la sua opera.

Illiers (dipartimento Eure-et-Loir), che ha cambiato il nome in Illiers-Combray in occasione del centenario della nascita di Marcel, una piccola cittadina a 114 km da Parigi e a 25 km da Chartres, sarà per circa quindici anni il luogo delle vacanze di Pasqua e, a volte, dell’estate della famiglia di Marcel.

Il nonno paterno, Louis Proust, aveva una bottega di spezie sulla piazza del paese di fronte alla chiesa e aveva sposato intorno al 1827 Virginie Torcheaux. Nel 1828 era nata Elisabeth e nel 1834 Adrien, il padre di Marcel. Egli non menzionò mai nei suoi scritti i nonni paterni, e la casa delle vacanze, che avrà tanta parte nella Recherche, è quella della zia Elisabeth che aveva sposato Jules Amiot, commerciante di stoffe. La casa esiste tutt’ora ed è stata trasformata in museo









giovedì 9 luglio 2009




1760: Apre a Roma il Caffè Greco

I Caffè letterari hanno caratterizzato la vita intellettuale in molte città europee per più di tre secoli, anche se il loro periodo d'oro è stato nella seconda metà del XIX secolo.
Davanti alle tazzine fumanti di caffè si sono intrecciate discussioni filosofiche e artistiche, sono nati manifesti politici e letterari, sono stati organizzati complotti, tanto che "non si potrebbe scrivere una pagina di storia né letteraria né artistica dell'Ottocento senza citare il nome di un Caffè" (P. Bargellini

Il più famoso Caffè letterario di Roma è il Caffè Greco, in Via Condotti, poco lontano da Piazza di Spagna. È anche il più antico. Nasce ufficialmente nel 1760, quando in un documento appare il nome del suo proprietario "Nicola di Maddalena caffettiere, levantino" (e questo spiega perché si chiama Greco). Ma forse già esisteva da alcuni anni: sarebbe infatti il "Caffè di strada Condotta" citato nel 1743 da Giacomo Casanova.
Nato grazie a un levantino, diventa famoso ad opera dei tedeschi, che cominciano a frequentarlo nel 1779. Wolfgang Goethe e i suoi amici Johann Wilhelm Tischbein, Karl Philipp Moritz e Jakob Wilhelm Heinse stanno sempre lì, al punto che Heinse propone di chiamarlo "Caffè Tedesco". E agli inizi dell'Ottocento è facile incontrarci il principe Ludwig di Baviera e il gruppo di pittori da lui protetti, i Nazareni.

Col passare del tempo, la clientela diventa sempre più internazionale e sempre più variegata: qui si incontrano i personaggi più creativi e brillanti d'Europa, cosicché è quasi impossibile ricordare i nomi di tutti i 'grandi' che si sono seduti ai tavoli di questo Caffè.
Letterati e filosofi tra cui Hans Christian Andersen, George Byron, Gabriele D'Annunzio, René de Chateaubriand, Ennio Flaiano, Nicolaj Gogol, Nathaniel Hawthorne, Henry James, Giacomo Leopardi, Adam Mickiewicz, Sandro Penna, Percy B. Shelley, Arthur Schopenhauer, Stendhal, Hippolyte Tayne, Mark Twain.
Scultori e pittori come Antonio Canova, Jean Baptiste Corot, Hippolyte Delaroche, Anselm Feuerbach, Jean A. Ingres, Friederich Overbeck e i Nazareni, Giulio Aristide Sartorio, Berthel Thorvaldsen, Horace e Charles Vernet. Alcuni pittori hanno lasciato il segno della loro presenza nei numerosissimi quadri che decorano le pareti delle sale interne, trasformate in una piccola pinacoteca: tra i tanti, Ippolito Caffi, Vincenzo Camuccini, Franz Ludwig Catel, Jakob Philipp Hackert (attr.), Angelica Kauffmann, Antonio Mancini.
E musicisti, come Hector Berlioz, George Bizet, Franz Liszt, Jacob Mendelssohn, Gioacchino Rossini, Giovanni Sgambati, Arturo Toscanini, Richard Wagner. Tra i clienti, anche Buffalo Bill, Orson Welles e il cardinal Pecci, futuro papa Leone XIII (e ci perdonino gli esclusi...).

Col passare del tempo, la clientela diventa sempre più internazionale e sempre più variegata: qui si incontrano i personaggi più creativi e brillanti d'Europa, cosicché è quasi impossibile ricordare i nomi di tutti i 'grandi' che si sono seduti ai tavoli di questo Caffè.
Letterati e filosofi tra cui Hans Christian Andersen, George Byron, Gabriele D'Annunzio, René de Chateaubriand, Ennio Flaiano, Nicolaj Gogol, Nathaniel Hawthorne, Henry James, Giacomo Leopardi, Adam Mickiewicz, Sandro Penna, Percy B. Shelley, Arthur Schopenhauer, Stendhal, Hippolyte Tayne, Mark Twain.
Scultori e pittori come Antonio Canova, Jean Baptiste Corot, Hippolyte Delaroche, Anselm Feuerbach, Jean A. Ingres, Friederich Overbeck e i Nazareni, Giulio Aristide Sartorio, Berthel Thorvaldsen, Horace e Charles Vernet. Alcuni pittori hanno lasciato il segno della loro presenza nei numerosissimi quadri che decorano le pareti delle sale interne, trasformate in una piccola pinacoteca: tra i tanti, Ippolito Caffi, Vincenzo Camuccini, Franz Ludwig Catel, Jakob Philipp Hackert (attr.), Angelica Kauffmann, Antonio Mancini.
E musicisti, come Hector Berlioz, George Bizet, Franz Liszt, Jacob Mendelssohn, Gioacchino Rossini, Giovanni Sgambati, Arturo Toscanini, Richard Wagner. Tra i clienti, anche Buffalo Bill, Orson Welles e il cardinal Pecci, futuro papa Leone XIII (e ci perdonino gli esclusi...).



mercoledì 8 luglio 2009




SI TU NO VELVES

Estesi prati verdi
e mare infinito,
se tu non torni.
Galoppa
il nero cavallo,
galoppa…
e sabbia e pietre e spuma…
Lascia campi
da coltivare
e mare
da solcare
con l’aratro.
All’orizzonte
c’è la vita in fuga.

7 -7 2009 Maria Serritiello


martedì 7 luglio 2009




Gustav Mahler (Kalischt, 7 luglio 1860 – Vienna, 18 maggio 1911) è stato un compositore e direttore d'orchestra austriaco di origine boema

Gustav Mahler nacque nel 1860 a Kalischt (Boemia, oggi in Repubblica Ceca) da Bernhard e Marie Hermann. La sua famiglia era di origine ebraica-ashkenazita e di lingua tedesca. A pochi mesi dalla nascita, si trasferì ad Iglau). La sua infanzia fu molto triste, costellata dalla morte di diversi dei suoi fratelli. Aiutato dal padre (e dal maestro Epstein), che in giovinezza strimpellava il violino, nel 1875 riuscì ad entrare al conservatorio di Vienna, che frequentò tre anni, ottenendo consensi e suscitando gelosie probabilmente a causa del suo brutto carattere







lunedì 6 luglio 2009




Maria Teresa Goretti (Corinaldo, 16 ottobre 1890 – Nettuno, 6 luglio 1902) è una santa italiana venerata come martire dalla Chiesa cattolica. Vittima di omicidio a seguito di tentato stupro, fu canonizzata nel 1950 da papa Pio XII con il nome di santa Maria Goretti

La famiglia Goretti, originaria di Corinaldo nelle Marche, era composta dai coniugi Luigi Goretti e Assunta Carlini e dai loro sette figli: Maria Teresa era la terzogenita. La vita della giovane Maria, fino al suo omicidio, non fu diversa da quella dei figli di molti lavoratori agricoli che dovettero lasciare le proprie terre per cercare sostentamento altrove: bassa o quasi nulla scolarizzazione, semianalfabetismo (quando non analfabetismo vero e proprio) e lavoro casalingo o nei campi fin dall’adolescenza

È in tale contesto sociale che maturò il tentativo di stupro e, a seguire, l’omicidio della giovane contadina. I Goretti, in cerca di una migliore occupazione, si trasferirono dapprima a Paliano (nei pressi di Frosinone), ove conobbero i Serenelli, altra famiglia marchigiana con la quale strinsero rapporti di collaborazione e buon vicinato. In seguito i Goretti e i Serenelli si trasferirono insieme alle Ferriere di Conca Cascina Antica nel comune di Cisterna, in provincia di Roma. Nel 1900 Luigi Goretti morì di malaria e anche il capofamiglia dei Serenelli rimase presto vedovo; la collaborazione tra le due famiglie si fece ancora più stretta, dato che a sbrigare le faccende domestiche di casa Serenelli provvedevano le donne di casa Goretti, compresa la giovane Maria.

La costante frequentazione della dodicenne Maria in casa Serenelli spinse uno dei figli, Alessandro, all’epoca diciottenne, a tentare approcci di natura anche sessuale nei suoi confronti, che raggiunsero il culmine nell’estate del 1902: il 5 luglio, dopo un ennesimo tentativo fallito di ottenere riscontro alle sue proposte, Serenelli tentò di violentare la giovane e, avendo trovato la di lei resistenza al «brutto peccato», la ferì più volte con un punteruolo. La ragazza venne trasportata all'ospedale Orsenigo di Nettuno; la morte non sopravvenne subito, ma il giorno successivo, per le complicazioni di un intervento chirurgico senza anestesia, si aggravò morendo poi di peritonite. La cronaca narra che, dopo aver ricevuto i conforti religiosi, Maria Goretti perdonò il suo assalitore.

Le solenni esequie vennero celebrate l'8 luglio 1902 nella cappella dell'ospedale, oggi chiesa parrocchiale di Santa Barbara Vergine e Martire di Nettuno, conosciuta sotto il nome di chiesa della Divina Provvidenza.

Alessandro Serenelli fu condannato a 30 anni di reclusione. Ospite nel carcere giudiziario di Noto dal 1902 al 1918 iniziò qui il suo cammino di pentimento e conversione, incoraggiato dal vescovo di Noto del tempo, mons. Giovanni Blandini. Secondo quanto da egli stesso raccontato anni dopo, avrebbe tentato una riconciliazione con la famiglia e i propri dettami religiosi dopo avere sognato la sua vittima che gli offriva dei gigli che si trasformavano in fiammelle. Nel 1929, dopo 27 anni di reclusione, Serenelli fu scarcerato e chiese il perdono dei familiari di Maria Goretti. La madre glielo accordò. Dopo tale episodio, Serenelli trascorse il resto della sua vita come lavorante laico in un convento di cappuccini ad Ascoli Piceno e morì il 6 maggio 1970, a 88 anni, in un convento di Macerata

Già durante il Fascismo Maria Goretti iniziò a divenire oggetto di culto tra gli strati meno istruiti della popolazione, in particolare proprio quelli rurali, e lo stesso regime cercò di cavalcare questa devozione popolare per favorire la nascita di un’icona cara ai contadini; una volta caduto prima il fascismo e poi la monarchia sabauda, nel 1950, in pieno periodo di affermazione di un nuovo ruolo femminile in seno alla famiglia e alla società, l’immagine di Maria Goretti fu adottata a simbolo di una visione tradizionale della donna, obbediente e dedita alla maternità e al lavoro domestico e, in tale chiave, additata a esempio anche dalla Chiesa cattolica: la canonizzazione avvenuta a opera di Pio XII precedette di poco la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria.

Il corpo e le reliquie di Maria Goretti sono conservati a Nettuno, nel santuario di Nostra Signora delle Grazie

Filmografia
Cielo sulla palude, film per il cinema, regia di Augusto Genina, Italia 1949
Maria Goretti, film per la televisione, regia di Giulio Base, Italia 2002





domenica 5 luglio 2009




Anton Giulio Majano (Chieti, 5 luglio 1909 – Marino, 12 agosto 1994) è stato un regista e sceneggiatore italiano

È stato uno dei "padri" del teleromanzo italiano. Proveniente «da alcune esperienze cinematografiche non eccelse, ma con un buon corredo letterario alle spalle, Majano si applicò sin dall'ora zero della nostra TV (leggi: la televisione italiana) alla formula dello "sceneggiato", mediandola dalle trascrizioni cinematografiche dei

Per oltre trent'anni ha quindi legato il suo nome a sceneggiati televisivi che hanno fatto la storia della televisione italiana, dirigendo attori come Alberto Lupo, Virna Lisi, Romolo Valli, Lea Massari e tantissimi altri. Numerosi sono stati i suoi lavori anche nella prosa radiofonica, sia nell'EIAR che nella RAI, dalla fine degli anni trenta agli anni sessanta.

Cominciò a dirigere sceneggiati, allora chiamati teleromanzi, fin dai primissimi anni della Televisione italiana. Il primo fu Piccole donne (1955), con Lea Padovani, Vera Silenti, Alberto Lupo ed Emma Danieli. Seguirono poi:

L'Alfiere (1956), con Aroldo Tieri, Domenico Modugno e Achille Millo
Jane Eyre (1957), con Ilaria Occhini, Raf Vallone, Wanda Capodaglio
Capitan Fracassa (1958), con Arnoldo Foà, Lea Massari, Margherita Bagni
L'isola del tesoro (1959), con Alvaro Piccardi, Corrado Pani, Ivo Garrani, Roldano Lupi, Leonardo Cortese, Ubaldo Lay, Arnoldo Foà
Ottocento (1959), con Sergio Fantoni, Lea Padovani, Virna Lisi
Il caso Mauritius (1961), con Raoul Grassilli, Alberto Lupo, Corrado Pani
Una tragedia americana (1962), con Warner Bentivegna, Giuliana Lojodice, Virna Lisi, Otello Toso
Delitto e castigo (1963), con Con Luigi Vannucchi, Ilaria Occhini, Gianrico Tedeschi
La Cittadella (1964), con Alberto Lupo, Anna Maria Guarnieri, Laura Efrikian
David Copperfield (1966), con Roberto Chevalier, Giancarlo Giannini Enzo Cerusico, Ubaldo Lay, Fosco Giachetti, Roldano Lupi, Laura Efrikian
Breve gloria di mister Miffin (1967), con Alberto Lupo, Cesco Baseggio
La fiera della vanità (1967), con Romolo Valli, Adriana Asti, Ilaria Occhini
La freccia nera (1969), con Aldo Reggiani, Loretta Goggi, Arnoldo Foà
E le stelle stanno a guardare (1971), con Giancarlo Giannini, Anna Maria Guarnieri
La pietra di luna (1972), con Valeria Ciangottini, Aldo Reggiani, Giancarlo Zanetti
Marco Visconti (1975), con Raf Vallone, Pamela Villoresi, Gabriele Lavia
Castigo (1977), con Eleonora Giorgi, Laura Belli, Alberto Lionello
Il signore di Ballantrae (1979), con Giuseppe Pambieri, Luigi La Monica
L'eredità della priora (1980), con Anita Strindberg, Alida Valli, Luigi La Monica
Quell'antico amore (1981), con Giuseppe Pambieri, Isabella Goldmann
L'amante dell'Orsa Maggiore (1983), con Ray Lovelock, Alberto Lupo
I due prigionieri (1985), con Barbara Nascimbene, Ray Lovelock
Strada senza uscita (1986), con Giuseppe Pambieri, Lorenza Guerrieri.




sabato 4 luglio 2009

venerdì 3 luglio 2009





"Ask not what your Country can do for you, ask what you can do for your Country. Non chiedere che cosa può fare il tuo Paese per te, chiedi cosa puoi fare tu per il tuo Paese. John F. Kennedy"

John Fitzgerald Kennedy, comunemente chiamato John Kennedy o Jack Kennedy o solo JFK, (Brookline, 29 maggio 1917 – Dallas, 22 novembre 1963) è stato un politico statunitense, 35º Presidente degli Stati Uniti

Candidato del Partito Democratico, vinse le elezioni presidenziali del 1960 e succedette al Presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower. Assunse la carica il 20 gennaio 1961 e la mantenne fino al suo assassinio, a Dallas, il 22 novembre 1963. Gli subentrò il vicepresidente Lyndon B. Johnson
Kennedy, di origine irlandese, è stato il primo Presidente degli Stati Uniti di religione cattolica. Fu anche il primo presidente statunitense ad essere nato nel XX secolo ed il più giovane a morire ricoprendo la carica.

La sua breve presidenza, in epoca di guerra fredda, fu segnata da alcuni eventi molto rilevanti: lo sbarco nella Baia dei Porci, la Crisi dei missili di Cuba, la costruzione del Muro di Berlino, la conquista dello spazio, gli antefatti della Guerra del Vietnam e l'affermarsi del movimento per i diritti civili degli afroamericani.

Kennedy fu assassinato il 22 novembre del 1963, a Dallas, in Texas. Lee Harvey Oswald fu accusato dell'omicidio e fu a sua volta ucciso, due giorni dopo, da Jack Ruby, prima che potesse essere processato. La Commissione Warren concluse che Oswald aveva agito da solo nell'uccidere il presidente; tuttavia nel 1979 la United States House Select Committee on Assassinations dichiarò che l'atto di Oswald era probabilmente frutto di una cospirazione.

L'assassinio di Kennedy fu un evento focale nella storia degli Stati Uniti per l'impatto che ebbe sulla nazione e sulla politica del paese. Ad oggi, la figura di Kennedy continua a ricevere stima e apprezzamento





Kennedy e la nuova frontiera
Innanzi tutto ricordiamoci che, ci piaccia o no, questo è tempo di mutamento. E siccome il nostro popolo ha avviato il mutamento del mondo, io penso che tutto questo ci dovrebbe piacere, per quanto arduo sia il compito. Infatti solo quando il compito è sommamente arduo, una nazione sa dare il meglio di sé. E non si tratta tanto di decidere se, in un mondo che muta, noi sapremo reagire nella maniera che si conviene alla "terra dei liberi", alla "patria dei prodi"; se sapremo cavarcela in questi anni cruciali, alla testa del mondo; se saremo all'altezza dei compiti che ci attendono.

Cosa è accaduto alla nostra nazione? I profitti son cresciuti, è cresciuto il livello di vita, ma è cresciuta anche la criminalità. E lo stesso vale per la frequenza dei divorzi, per la delinquenza giovanile, per le malattie mentali. È cresciuta la vendita dei tranquillanti e il numero dei ragazzi che non vanno a scuola.

Temo che noi corriamo il pericolo di perdere la nostra interiore saldezza. Noi stiamo perdendo quello spirito di iniziativa e d'indipendenza che fu dei Padri Pellegrini e dei pionieri, quell'antica devozione spartana al dovere, all'onore, alla patria.”

J.F. Kennedy, Discorso alla Casa Bianca, 1960

giovedì 2 luglio 2009




RAYMOND PEYNET
Io so che la vita reale è triste, ma di sognare abbiamo sempre bisogno. La poesia non è guerra, morte, malattia, essa vive tra i fiori, gli uccelli, la natura. Altri hanno scelto di darsi alla politica, io ho scelto di disegnare l'amore, la gentilezza, la tenerezza." (Raymond Peynet)

Peynet amava la vita! Non è quindi un caso che i celeberrimi "Les Amoureux" siano nati proprio durante la guerra, a Valence, e siano diventati subito il simbolo della festa di San Valentino.
"Sono nati nel 1942 ma in realtà hanno sempre vent'anni. È stato un caso. Durante la guerra mi trovavo alla stazione di Valence e là, in attesa della coincidenza, andai a fare due passi finché arrivai in un giardino, al cui centro vidi un "kiosque à musique". Fu qui che mi venne l'ispirazione per un disegno. Rappresentai un gruppo di suonatori che al termine d'una esecuzione andavano via con gli strumenti nelle custodie, e uno solo continuava imperterrito a suonare il violino, dicendo al penultimo, già dietro agli altri: potete andare tranquilli, finisco da solo. Titolo del mio disegno: Sinfonia incompiuta. Spedii il disegno a Ric e Rac, un giornale per gli inglesi che si stampava a Parigi, ma l'impaginatore traendo lo spunto da una sola ragazza che ascoltava la musica, mise un altro titolo, Les amoureux de Peynet, e mi dissero che bisognava continuare: ecco come nacquero il poeta e la fidanzata. Giunti in Italia Cesare Perfetto li chiamò Valentino e Valentina".
Nacquero quindi in anni duri e desolati. La guerra pareva non finire mai, la gente non sorrideva più, perché non sapeva più farlo, dovendo vivere sempre con la paura del domani. Soltanto i fidanzatini erano pieni di candore e di speranza. Un soffio di poesia in una cupa realtà. Finita la guerra, continuarono a portare il loro messaggio per le strade del mondo, sempre tenendosi per mano. Eterni sognatori con i piedi che sfioravano appena la terra e la testa tra le nuvole. Ma anche eterni fidanzati, perché non c'era bisogno che si sposassero.


Un uomo, un poeta. Raymond Peynet nasce il 16 novembre del 1908 a Parigi. È l'ultimo giovane ammesso al Germain Pilon, il futuro Istituto di arte applicata all'industria. Ne esce con il massimo dei voti ed è uno dei fratelli Lumière a consegnargli il diploma. Ma come si sa dietro ogni grande uomo c'è una grande donna e così anche Peynet aveva la sua "Valentina". Si chiamava Denise Damour, "un cognome che era tutto un programma" come lui stesso amava dire per schernirsi. Si sposano nel 1930 e dal loro matrimonio nasce una figlia, Annie. Raymond Peynet era soave e candido come il suo Valentino, e Denise la sua musa ispiratrice. Vivevano in una divertente casa di Antibes, immersa nel verde e nel silenzio, dove lui poteva lavorare tranquillamente anche molte ore al giorno, con la moglie sempre accanto. "Les amoureux" in fondo erano proprio loro.
Peynet è il primo vincitore del Premio internazionale dell'umorismo di Bordighera, nel lontano 1952. A lui la cittadina ligure ha intitolato il Chiosco sul Lungomare Argentina, così simile alle romantiche ambientazioni delle sue dolcissime vignette.
Muore il 14 gennaio 1999, a un mese esatto da quella che è un po' la "sua" festa. Aveva 90 anni ma il suo messaggio d'amore trasportato sulle ali dell'ingenuità dei suoi "amorini" vivrà certamente per sempre.
Il suo messaggio oggi ha ancora senso? Sì, ma è lui stesso a dircelo. "Voglio crederlo, perché è il contro-veleno della violenza. La società è egoista e se grido "al ladro" nessuno corre in aiuto. Tutto questo fa molta tristezza. Ma poi vedo due ragazzi che, oggi come ieri e come sempre, si abbracciano sulla panchina di un parco, strappano un fiore da una siepe e se lo offrono come se fosse un cuore di diamanti. Sono innamorati, e quando ci si ama la luce naturale della vita colora giocosamente tutto ciò che vede, che trova, che le viene incontro". Per Raymond Peynet l'amore era eterno, gli angeli esistevano davvero, gli uccellini cantavano tra fiori che non appassivano mai, alle stelle erano appesi i desideri degli amanti. I suoi fidanzatini erano un po' trasognati? Pazienza sono famosi quasi come Giulietta e Romeo, ma il loro amore non è ancora finito. Vi lascio quindi con questo dolcissimo video e Auguri a tutti gli innamorati della vita!



mercoledì 1 luglio 2009




IL 1 LUGLIO 1804 NASCE A PARIGI LA SCRITTRICE GEORGE SAND

George Sand (pseudonimo di Amandine Aurore Lucile Dupin, poi baronessa Dudevant; Parigi, 1 luglio 1804 – Nohant-Vic, 8 giugno 1876) è stata una scrittrice e femminista ante litteram francese.

Autrice di romanzi, novelle, racconti, opere teatrali, un'autobiografia, critiche letterarie e testi politici, non si dedicò solo alla letteratura, ma anche alla pittura.

Fu attiva nel dibattito politico e partecipò, anche se non in primo piano, al governo provvisorio del 1848.

È ricordata anche per le sue relazioni sentimentali avute con lo scrittore Alfred de Musset e con il musicista Frederic Chopin.

Figlia dell'ufficiale Maurice Dupin e della modista Sophie Victoire Delaborde, era nipote di Charles Louis Dupin de Francueil. Rimasta orfana di padre a quattro anni, ebbe un'infanzia libera trascorsa nella proprietà di Nohant presso la nonna paterna, figlia naturale del maresciallo di Francia conte Maurizio di Sassonia (1696-1750)

Nel 1822 sposa il barone Casimir Dudevant, dal quale ha due figli: Maurice (nato nel 1823) e Solange (nata nel 1828). Ben presto lascia il marito e inizia a condurre una vita sentimentale piuttosto agitata

Nel 1830 si stabilisce a Parigi dove si lega al romanziere Jules Sandeau e, nel 1831 comincia a lavorare per le Figaro, per il quale firma, con Sandeau, numerosi articoli con lo pseudonimo di J. Sand. Sempre in collaborazione con Sandeau, e con lo stesso pseudonimo, nel 1831 pubblica il suo primo romanzo, Rose et Blanche (Rosa e Bianca).

La Dupin cambia il suo pseudonimo in George Sand, e lo userà per sempre nelle opere successive, che scriverà da sola. Adottato questo pseudonimo maschile, comincia a dissimulare le sue fattezze femminili con abiti maschili. Questo le permette di circolare più liberamente per Parigi, fumando la pipa, e di accedere a luoghi in cui a una donna del suo rango è vietato l'ingresso.

Si tratta di un comportamento assolutamente fuori dal comune nel XIX secolo, quando i codici sociali, soprattutto fra le classi agiate, hanno una grandissima importanza. Come conseguenza del suo comportamento, la Sand perde buona parte dei suoi privilegi di baronessa.

Con questo comportamento la Sand intende sfatare lo stereotipo femminile e dimostare che le donne possono godere della stessa libertà degli uomini. Anche nella sua professione, l'uso di uno pseudonimo maschile indica chiaramente che la Sand vuole essere giudicata indipendentemente dal fatto di essere una donna, ma solo in base al suo talento.